martedì 31 luglio 2007

Come pulirsi le mani con soluzione alcolica

In un recente post abbiamo già accennato alla possibilità di utilizzare soluzioni a base alcolica per la pulizia delle mani. Si tratta di soluzioni che non richiedono l'utilizzo di acqua corrente.

Ecco le istruzioni per l'uso...





L'intero documento è scaricabile qui.

Ricordiamo che quando le mani sono visibilmente sporche è bene utilizzare acqua e sapone.

Come lavarsi le mani con acqua e sapone

Ecco come fare...




Per scaricare il documento clicca qui.

Laviamoci le mani!

Dopo aver richiamato all’importanza del lavaggio delle mani per la prevenzione dell’influenza (e di tante altre malattie trasmissibili) segnalo alcuni interessanti siti internet/documenti da visionare…

CDC

Mayo Clinic

Wikipedia

Ho trovato del materiale dell’OMS tradotto in italiano e messo a disposizione nel sito del CCM… bellissimo! Merita la massima visibilità e sarà oggetto dei prossimi post!
Chiunque possa inviarmi link a indirizzi contenenti materiale informativo in italiano lo faccia!
pandemitalia@gmail.com

lunedì 30 luglio 2007

Mani pulite!



Tenere le mani pulite! È uno dei più importanti passi per evitare di ammalarci e trasmettere agli altri le nostre malattie. Ricordiamo inoltre che il lavaggio delle mani è uno dei principali pilastri per combattere un’eventuale pandemia influenzale
Le istruzioni da seguire sono semplici:
Se si utilizza acqua e sapone:
- sciacquare le mani con acqua corrente e applicare il sapone
- insaponare bene le mani e sfregare (anche nelle superfici interdigitali e sulle unghie)
- continuare per venti secondi (se hai bisogno di un timer… canta “Tanti auguri a te” per due volte!)
- risciacquare sotto acqua corrente
- asciugare utilizzando un asciugatore o un fazzoletto di carta. Se possibile usa lo stesso fazzoletto di carta per chiudere il rubinetto dell’acqua.
Se acqua e sapone non sono disponibili si può disporre di soluzioni a base alcolica (in Italia non siamo troppo abituati ad utilizzarle).
Quando lavarsi le mani? Ecco alcuni momenti essenziali (ma il buon senso ci suggerirà altre situazioni):
· Prima di preparare o mangiare il cibo
· Dopo essere andati al bagno
· Dopo aver pulito un bambino
· Prima e dopo aver accudito un malato
· Dopo aver soffiato il naso, dopo aver tossito o starnutito (coprirsi sempre quando si tossisce o si starnuta… lavarsi dopo essersi coperti!)
· Dopo aver toccato un animale
· Dopo aver toccato la spazzatura
· Prima e dopo aver medicato un taglio o una ferita

Cominciamo ad abituarci!

sabato 28 luglio 2007

Chi ha detto che i soldi fanno la felicità?


Vuoi vedere che ci lascia le penne?!



Vi riporto la notizia relativa ai risultati di una ricerca presentati alla Conferenza internazionale sull'influenza di Toronto.

I germi possono resistere sul denaro anche 17 giorni, trasformando i soldi, in alcuni casi, in potenziale veicolo di contagio.
Il virus influenzale può sopravvivere sulle banconote da 2 a 72 ore e, a certe condizioni, addirittura 17 giorni. La sorprendente scoperta, comunicata alla Conferenza internazionale sull’influenza a Totonto, è stata fatta da ricercatori del centro nazionale svizzero per l’influenza, guidati dal virologo Yves Thomas. A commissionare la ricerca la National bank svizzera, preoccupata, di fronte al timore di una pandemia, dal rischio connesso al maneggio di denaro da
parte di funzionari e impiegati.
I test sono stati effettuati con vari ceppi di virus influenzali umani di tipo A e B, alcuni dei quali circolanti nell’inverno 2007. Se la sopravvivenza dei viruss di tipo H1N1 B, in condizioni d’ambiente e di temperatura controllate, non ha superato 1 ora, uno dei virus H3N2 è arrivato a 24, un altro fino a 72 ore. I ricercatori hanno inoltre verificato che i virus influenzali vivono molto più a lungo, fino a 17 giorni, se spruzzati sulle banconote mescolati con muco nasale, l’habitat ideale per il virus influenzale.
Ma è davvero possibile che il denaro si trasformi in caso di pandemia, nel più efficiente e rapido veicolo di agenti patogeni nelle ore o giorni in cui sono vivi e potenzialmente capaci di infettare? Non pochi sollevano perplessità: i virus influenzali si trasmettono in prevalenza attraverso le goccioline di secrezioni delle vie aeree. Possono essere veicolati attraverso il contatto mano-viso
(infezione da contatto), nel caso si tocchi una persona o superfici contaminate da goccioline infette. Non si sa, però, con precisione, che parte abbia questo contatto indiretto nella trasmissione dell’influenza.
«Occorre, tuttavia, considerarne il ruolo. E, dopo questo studio, includervi anche le banconote» ha affermato il responsabile della ricerca.

(Fonte: Panorama del 12/07/2007 - Eugenia Tognotti)

Cosa dire? In caso di pandemia influenzale il lavaggio frequente delle mani sarà importantissimo (vedi anche post del 25 luglio). Generalmente, la sensazione che ci accomuna (ma forse dipende da quanto siamo attaccati al denaro?) quando maneggiamo i soldi è una sensazione di sporco. Non mi viene difficile pensare di lavarmi le mani subito dopo aver toccato lo "sporco denaro".

mercoledì 25 luglio 2007

Talvolta capita!



La percezione di qualsiasi rischio per la popolazione generale è mediamente distorta. Cosa intendo? Se vado in aereo "me la faccio mediamente sotto” dalla paura. Eppure il rischio che il mio aereo precipiti disastrosamente è molto inferiore al rischio di avere un disastroso incidente automobilistico, che corro ogni giorno della mia vita (vado a lavorare in macchina).
Talvolta non siamo a conoscenza dei rischi che si corrono ogni giorno. Ad esempio: se vi chiedessi qual è il pericolo maggiore che si corre in spiaggia?
Verrebbero in mente la corrente del mare e le onde alte; le scottature; i colpi di calore; o magari gli squali!
La risposta corretta è: nessuno di questi!
Un recente articolo della prestigiosa rivista New England Journal of Medicine (Maron BA, 2007), mette in guardia su un pericolo che non avevo mai preso in considerazione: le buche nella sabbia. Non c'avevo mai pensato, eppure sembra che centinaia di persone ogni anno muoiano sepolte nella sabbia delle spiagge, senza che nessun mezzo d’informazione e nessuna organizzazione sanitaria si interessi di questa strage dimenticata.
Cosa c’entra tutto questo con le pandemie influenzali?
La lezione è la seguente: ogni tanto capitano! Il rischio di una pandemia può non essere percepito ma c’è, è reale.
È come la storia del gabbiano che con estrema indifferenza entra in un supermercato e ruba un pacchetto di patatine, come se nulla fosse; poi esce dal supermercato e se le mangia… se me la raccontassero non ci crederei… eppure talvolta capita!

Fonte: Maron BA, Haas TS. Sudden Death from Collapsing Sand Holes. N Engl J Med 2007; 356(25): 2655-56.

Pianificare è importante... anche in Italia!



Non esiste preparazione senza pianificazione.
Un piano serve per stabilire come affrontare una determinata situazione, serve per definire quali azioni compiere, quante risorse investire e come prepararsi per compiere quelle azioni.
Da quando si parla della possibile occorrenza di un evento pandemico sono stati scritti molti documenti sull'importanza della pianificazione per affrontare il problema.
Gli esperti insistono sull'importanza della preparazione: ogni famiglia dovrebbe organizzarsi per affrontare un'eventuale pandemia con la predisposizione di piani individuali.
Sono molti i documenti che guidano alla stesura dei piani di preparazione familiare alla pandemia influenzale. Ne riporto due perchè ciascuno possa farsi un'idea di cosa stiamo parlando. Uno dei due è scritto in italiano!



In Italia una guida per la stesura di piani di preparazione individuale/familiare non è ancora stata scritta...

La carne di pollo è sicura!



La carne di pollo è sicura?

Sì!
Nelle regioni in cui la malattia è assente il pollame e i prodotti da esso derivati possono essere preparati e consumati normalmente (seguendo buone norme igieniche e cuocendo in modo appropriato).
Il virus H5N1 è sensibile al calore. Le temperature normalmente raggiunte con la cottura del cibo (70° C in tutte le parti dell’alimento) sono in grado di uccidere il virus.
I consumatori devono essere sicuri che tutte le parti del pollo siano ben cotte (no parti “rosa”). Anche le uova devono essere adeguatamente cucinate.
Attenzione alle contaminazioni crociate. Questo accade quando il pollame o i suoi prodotti vengono in contatto con altri cibi (verdure, ecc.). Questi contatti dovrebbero essere sempre impediti. Anche per questo il lavaggio delle mani è estremamente importante.
Ma tutti questi comportamenti dovremmo farli nostri sempre, qualsiasi sia il cibo che stiamo cucinando.
Questo è un sito molto importante:

Se necessario: cambiamo le nostre abitudini in cucina ma non smettiamo di mangiare pollo: è carne innocua!

lunedì 23 luglio 2007

H5N1: nuovo caso umano in Egitto


Cairo, 22 luglio 2007 – Una donna egiziana di 25 anni è risultata positiva ai test per il virus influenzale H5N1.
Si tratta del 38° caso umano da H5N1 in Egitto, la più colpita nazione araba sino a questo momento.
La donna ha presentato i primi sintomi di infezione nella giornata di venerdì; attualmente è in buone condizioni di salute.
Il problema dell’Egitto è lo stesso di tanti altri paesi arabi e del sud-est asiatico: circa 5 milioni di famiglie dipendono dal pollame quale principale fonte di sostentamento. Questo rende molto difficile (io sarei realista e direi impossibile) l’eradicazione della malattia dal suolo egiziano.
Fonte: Reuters

domenica 22 luglio 2007

Quando chi deve informare... disinforma

Mi sono appena imbattuto in questa notizia.

L'influenza aviaria arriverà sicuramente in Europa, ma non sappiamo quando. In questa chiave ruota una prospettiva medica e sociale di grossa importanza. Lo hanno detto a chiare lettere gli espert di OMS, FAO, UNICEF, OIE, Unione Europea, riuniti a congresso internazionale a Roma. "In particolare per l' Italia tutto ciò è ancora più importante, ha spiegato il prof. Walter Pasini, responsabile del Centro collaboratore OMS della Medicina del Turismo, perchè le nostre scorte di farmaci antivirali coprono appena il 6,6% della popolazione a fronte, ad esempio, della Francia che dispone del 55%.
"In questo modo rischiamo di diventare come per i clandestini, ha stigmatizzato Pasini, perchè siamo

l'anello debole della catena protettiva, la porta d' ingresso dei virus in Europa. L' obiettivo dunque del convegno è di fornire un aggiornamento della situazione per svegliarsi dal torpore e riprendere le iniziative volte a tutelare la salute del Paese, istruendo le categorie interessate ai comportamenti più giusti, onde evitare interventi scorretti o dettati dall' emergenza."
"Anche a livello regionale, ha concluso Pasini, è emerso come pochissime siano le Regioni ad avere già promulgato un piano d' intervento. La sola Lombardia risulta essere già dotata di un piano anti - pandemico , mentre Veneto e Puglia sono al momento le sole ad aver avviato iniziative in tale direzione". ( gub )20 Luglio 2007


Sebbene non si capisca quale congresso sia e in quale data si sia tenuto... Credo che si tratti del congresso di cui ho già parlato nel post del 25 giugno. I dubbi che avevo già espresso vengono sostanzialmente confermati.

Prima di tutto mi sembra che Pasini non si sia informato abbastanza. Cominciamo dall'errore più clamoroso: non solo la Lombardia si è dotata di piano pandemico regionale. Come già pubblicato nel post del 28 giugno attualmente sono sette le Regioni con piano pandemico deliberato.

In secondo luogo non capisco a cosa serva lamentarsi per l'assenza di antivirali. Forse le case farmaceutiche hanno bisogno di pubblicità?

Italia porta d'ingresso del virus in Europa? Che significa? Forse i virus influenzali scelgono in quale Paese entrare sulla base delle scorte nazionali di antivirali?

Quando qualcuno ha la pretesa di favorire "un aggiornamento della situazione per svegliarsi dal torpore e riprendere le iniziative volte a tutelare la salute del Paese, istruendo le categorie interessate ai comportamenti più giusti, onde evitare interventi scorretti o dettati dall' emergenza" dovrebbe perlomeno informarsi per trasmettere informazioni corrette.

Un ultimo dubbio: perchè chi fa medicina del turismo si preoccupa di preparazione e risposta alle emergenze di sanità pubblica?

sabato 21 luglio 2007

Tu vuo' fa' l'amerrigano... ma sei nato in Italy!


Cari italiani: questa è l'attenzione che i tanto amati/odiati USA riservano per la preparazione alle emergenze di sanità pubblica. 896 milioni di dollari spesi per prepararsi a pandemia influenzale, ondate di calore, terremoti, alluvioni etc... nell'anno 2007
Si tratta di un lungo elenco che potete consultare al seguente link. Qui riporto solo qualche esempio.

Sopra: Stato americano
Sotto: Fondi allocati

Alabama
$12,951,863

Alaska
$5,838,752

California
$65,303,030

LA County (Los Angeles)
$30,712,150


Florida
$42,467,776

Georgia
$23,156,267

Hawaii
$6,418,428

Idaho
$6,637,005

Maine
$6,526,615

Massachusetts
$18,039,563

New Jersey
$22,337,726

New York
$28,874,622

New York City
$28,822,589

North Carolina
$21,306,097

Ohio
$28,837,726

Texas
$56,222,601

Utah
$8,878,797

Vermont
$5,843,658

TOTAL FY 2007 PHEP & PAN FLU FUNDING
$896,736,525
Ora se io mi lamentassi per le scarse risorse che in Italia vengono destinate per la preparazione alle emergenze di sanità pubblica qualcuno avrebbe da ridire, per due motivi almeno:
1) il sistema di risposta alle emergenze americano è differente da quello italiano
2) la popolazione americana è molto più numerosa di quella italiana
Risposta: Non so bene come siano organizzati gli USA, loro non hanno un sistema di Protezione Civile come il nostro. Loro affrontano le maxi-emergenze con l'esercito e noi no. Loro hanno un sistema di prevenzione diverso dal nostro, hanno Dipartimenti di Prevenzione statali e di contea, noi abbiamo i Dipartimenti di Prevenzione nelle ASL e sicuramente le funzioni e le risorse sono molto differenti. Ma i soldi che cadono a pioggia non hanno mai fatto male a nessuno!
Per quanto riguarda la popolazione americana: è vero sono molto più numerosi di noi: noi siamo 57 milioni di anime, loro sono 280 milioni. Ma ho scoperto che fra gli stati americani ci sono staterelli di microbiche dimensioni!

Ora facciamo chiarezza.
In Italia alcuni soldi per la preparazione alle emergenze di sanità pubblica sono stati destinati alle Regioni. Il Ministero della Salute ha stanziato dei fondi per la realizzazione dei progetti di sostegno alle funzioni di interfaccia tra le Regioni e il CCM (Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie). Scendiamo nei dettagli con l'esempio della Regione Marche (circa 1.500.000 abitanti).
Le Marche avranno un contributo annuo di circa 300.000 euro. Questi soldi dovranno essere suddivisi in quattro parti: 1. Coordinamento regionale; 2. Capacità di risposta alle emergenze di Salute Pubblica; 3. Programmazione, monitoraggio e valutazione dei Piani Regionali di Prevenzione; 4. Partecipazione attiva a progetti CCM.
Questo significa che nelle Marche si potrà contare su 75.000 euro destinati alla funzione di risposta alle emergenze di Salute Pubblica (Se i dirigenti regionali saranno illuminati potranno anche concederne 100.000 o 120.000... chi può ancora saperlo?).
Ora confrontiamo le Marche con gli stati americani che hanno una popolazione residente inferiore rispetto a quella delle Marche:

Idaho (1.294.000 abitanti) --> $6,637,005
Maine (1.275.000 abitanti) --> $6,526,615
New Hampshire (1.236.000 abitanti) --> $6,447,504
Hawaii (1.212.000 abitanti) --> $6,418,428
Rhode Island (1.048.000 abitanti) --> $6,073,925
...Altri sette stati...
Wyoming (494.000 abitanti) --> $5,748,448

Qualsiasi Stato ha bisogno di essere pronto alle Emergenze di Salute Pubblica. Non tutti gli Stati pongono la stessa attenzione al problema. In caso di pandemia influenzale si starebbe meglio negli USA?
Ognuno faccia le sue considerazioni!

venerdì 20 luglio 2007

Vaccino universale...tra quanto tempo?

È notizia di alcuni giorni fa. L’azienda Acambis ha annunciato l’ingresso in fase I di sperimentazione del suo vaccino universale antinfluenzale.
Questa notizia mi da modo di spiegare il complesso iter che sta alla base della commercializzazione dei farmaci.
Ecco il percorso che i farmaci fanno prima di entrare nelle farmacie e nelle nostre case.

Quando si ritiene che una nuova molecola possa essere utilizzata a scopi clinici la prima cosa che viene fatta è la valutazione del profilo farmacologica e tossicologico sugli animali. Gli studi sugli animali (pre-clinici) vengono sottoposti alle agenzie responsabili per la valutazione e l’autorizzazione al commercio dei farmaci (In Europa è l’EMEA, negli USA è l’FDA). La richiesta per l’approvazione della sperimentazione di un nuovo farmaco si chiama IND (Investigational New Drug). Se i dati che provengono dagli studi pre-clinici dimostrano che il farmaco è sufficientemente sicuro vengono intrapresi gli studi sull'uomo (clinici), suddivisi in tre fasi. I dati relativi a questi studi vengono sottoposti alle agenzie per l’autorizzazione dei farmaci come parte di una richiesta di autorizzazione di una nuova molecola (New Drug Application, NDA).

Fase 1 - Negli studi di fase 1, un nuovo farmaco viene somministrato per la prima volta all'uomo, solitamente a un piccolo numero di volontari sani di sesso maschile e di età compresa tra i 18 e i 45 anni. Lo scopo è quello di identificare il livello di dosaggio al quale i segni di tossicità fanno la loro prima comparsa nell'uomo e quindi di determinare una dose sicura ben tollerata. Poiché l'end-point di questi studi è la tossicità, il consenso informato è un requisito imprescindibile e i partecipanti devono essere attentamente seguiti da personale medico con possibilità di accesso a strutture di emergenza.

Fase 2 - Gli studi di fase 2 cominciano dopo che sono state ottenute prove preliminari soddisfacenti della sicurezza del farmaco. Essi comprendono la somministrazione controllata del farmaco a circa 80-100 pazienti, per il trattamento o la profilassi della malattia alla quale il farmaco è rivolto. Idealmente, i pazienti non devono avere problemi di salute diversi dalla patologia cui si riferisce lo studio. Di solito gli studi di fase 2 sono randomizzati e mettono a confronto il nuovo farmaco con il farmaco prototipico per la patologia in questione, se ne esiste uno. Lo scopo della fase 2 è quello di stabilire un intervallo dose-risposta ottimale per il nuovo farmaco e di verificare la sua efficacia per la malattia alla quale è destinato. I partecipanti vengono inoltre controllati per la comparsa di effetti indesiderati; poiché la popolazione di questi studi è più numerosa, è possibile che ne vengano identificati di nuovi. Questa fase è la più critica, perché i suoi risultati vengono utilizzati per determinare se sia il caso di procedere o meno a studi estesi su popolazioni ampie.

Fase 3 - Dopo che le fasi 1 e 2 hanno fornito prove ragionevoli della sicurezza e dell'efficacia del farmaco, cominciano gli studi di fase 3; essi continuano fino a quando il composto non viene approvato per l'uso generale. Essi possono coinvolgere molti medici, che possono seguire da diverse centinaia a diverse migliaia di pazienti. Lo scopo è quello di verificare l'efficacia del farmaco e di individuare gli effetti che possono non essersi presentati durante le fasi 1 e 2, in modo che lo sponsor e la FDA possano stabilire che il farmaco è sicuro ed efficace per l'uso per il quale è stato concepito.

Dopo la terza fase il farmaco può essere messo in commercio. Ma la valutazione della nuova molecola non si ferma. Si entra in fase 4. Gli studi di fase 4 sono effettuati su grandi popolazioni. Spesso vi vengono comprese sottopopolazioni particolari, come le donne in gravidanza, i bambini o gli anziani sulle quali non è eticamente lecito sperimentare nelle fasi precedenti. Mentre gli studi preclinici e clinici sono in grado di evidenziare le reazioni farmacologiche avverse che si verificano frequentemente, la sorveglianza successiva alla commercializzazione dopo l'approvazione della NDA è determinante per individuare gli effetti avversi più rari o eventuali nuovi effetti terapeutici.

Sebbene il tempo stabilito perché le agenzie preposte prendano posizione riguardo a una NDA sia limitato (per l’FDA sono 6 mesi), l'effettiva approvazione di quest'ultima richiede solitamente da 2 a 3 anni.
Quindi il tempo complessivo necessario per lo sviluppo di un farmaco, dalla presentazione della IND all'approvazione finale della NDA, si aggira in media tra gli 8 e i 9 anni.

Torniamo al vaccino antinfluenzale universale.
Si tratterebbe di un vaccino in grado di rispondere ai diversi virus di tipo A. Dunque non solo un vaccino utile ad immunizzare contro il temuto H5N1 ma anche nei confronti di altri tipi virali.
Come è possibile proteggere contro più virus influenzali?
Sappiamo che i vaccini attualmente utilizzati sono in grado di produrre una risposta immunitaria nei confronti della proteina di superficie chiamata Emoagglutinina (la H dell’ormai noto binomio H-N). Ma i virus influenzali mutano in continuazione e le mutazioni riguardanti l’Emoagglutinina sono tali da renderla irriconoscibile al nostro sistema immunitario. Questo è il motivo per cui ogni anno dobbiamo vaccinarci con un nuovo vaccino antinfluenzale: nuovi virus circolanti = incapacità del sistema immunitario di riconoscere i nuovi virus = influenza.
Allora come è possibile risolvere il problema?
Il nuovo vaccino “universale” ha un nuovo bersaglio. Non più l’emoagglutinina ma un’altra proteina che mostra una parte della sua struttura sulla superficie della membrana virale: la proteina M2.
Sul modello animale il vaccino sembra promettente ma sull’uomo?
Sperando che possa risultare un’arma utile nella lotta alla pandemia influenzale. Mi chiedo, visti i tempi previsti per il completamento del percorso valutativo: ci sarà abbastanza tempo?

Effect Measure - The Blog!

Gran bel blog "Effect Measure"!
Un esempio? Leggete il post del 18 luglio: Cytokine storm revisited. Revere (cosi si firmano gli autori del blog) commenta un recente articolo scientifico che tratta i meccanismi immunitari che seguono l'infezione da H5N1.
Il post analizza in dettaglio l'articolo di Helen Branswell, valutandone punti di forza e di debolezza. Quello che mi stupisce sono i 28 commenti che il post ha collezionato (fino ad oggi!).
Questo è l'esempio di un grande blog che funziona!

domenica 15 luglio 2007

Alla ricerca di informazioni “pandemiche” sul web!

Qualche giorno fa ho passato alcune ore davanti ad internet per portare a termine una ricerca approssimativa e arrangiata che, sebbene bisognosa di opportune migliorie, mi ha dato modo di riflettere.
Obiettivo - Stabilire quali sono le principali fonti di informazione nel web relative all’argomento pandemia influenzale.
Metodi - Sono stati valutati i primi cinquanta risultati della ricerca effettuata selezionando la frase esatta “pandemia influenzale” e utilizzando il motore di ricerca di Google. Ad ogni risultato di ricerca è stato attribuito un punteggio, a scalare secondo la posizione occupata fra i risultati (50 punti al primo link, 49 al secondo e cosi via fino al singolo punto attribuito al cinquantesimo risultato della ricerca).
Dopo aver individuato il responsabile di ogni singolo link, il ruolo istituzionale o meno, la tipologia di sito (sito tradizionale, blog, forum, etc.), i contenuti dell’informazione e la qualità delle informazioni offerte è stato possibile procedere all’analisi dei risultati aggregando alcuni dati e valutando le classifiche emerse secondo i punteggi assegnati.
Limiti della ricerca - Il motore di ricerca di Google è attualmente il motore di ricerca più utilizzato ed è sempre più frequentemente considerato il migliore motore di ricerca esistente. Nonostante questo il limite della ricerca consiste proprio nell’aver utilizzato esclusivamente Google quando per la stessa ricerca si sarebbero potuti utilizzare altri popolari Web Search Engines (Alta Vista – Yahoo Search, etc.) o, meglio ancora, si sarebbe potuto integrare I risultati della ricerca effettuata attraverso più motori di ricerca. Altro limite consiste nella dinamicità di revisione dei link da parte di Google. Google aggiorna periodicamente le sue ricerche quindi tra qualche giorno la classifica presentata potrebbe essere invalidata per l'impossibilità di ottenere gli stessi risultati di ricerca attravesro lo stesso motore di ricerca.
Risultati - I primi cinquanta link emersi dalla ricerca sono rappresentati per il 42% da siti internet tradizionali, per il 34% da documenti in pdf o word e il 16% da siti internet riportanti news sull’argomento. Un unico link ad un forum (per altro non specifico rispetto all’argomento in studio). Gli unici due link attribuibili ad un blog indirizzano all’unico blog che rientra fra i primi cinquanta risultati di ricerca: si tratta di PandemItalia!
Il 70% dei link rimanda a soggetti istituzionali.
Il 34% dei link riporta informazioni generali sulla pandemia influenzale. Il 20% dei link è relativo alla preparazione alla pandemia e il 14% dei link individuati è correlato al piano pandemico nazionale (in alcuni casi a singoli piani pandemici regionali).
Il 16% dei link, fa riferimento a documenti che pur se scritti in italiano sono stati pubblicati da istituzioni straniere (per lo più Ministeri della Salute)
Ecco la classifica delle Regioni, enti, istituzioni e soggetti non istituzionali nelle prime 10 posizioni:

1. Veneto 176 punti
2. Canada 104 punti
3. CCM 97 punti
4. P.A. Trento 95 punti
5. ISS 65 punti
6. Unione Europea 64 punti
7. Emilia Romagna 58 punti
8. PandemItalia 51 punti
9. Ministero Salute 50 punti
10. ItaliaSalute 48 punti

Si è poi proceduto a valutare la stessa classifica costruita considerando i siti internet con ultimo aggiornamento al 2007. Questa è una strategia per cercare di distinguere i siti statici dai siti dinamici. Ovvero i siti che hanno scritto in passato e hanno mantenuto quelle informazioni (sito “vetrina”) e i siti che, al contrario, sono in continua evoluzione ed aggiornamento. Le cose cambiano notevolmente:

1. P.A. Trento 95 punti
2. Canada 65 punti
3. PandemItalia 51 punti
4. CCM 97 punti
5. Svizzera 43 punti
6. Molecular Lab 35 punti
7. ISS 28 punti
8. Moige 22 punti
9. Umbria 17 punti
10. Veneto 12 punti

Infine se volessimo entrare nei contenuti, che rappresentano in fondo la cosa più importante, proporrei una ulteriore classifica. Questa classifica prende in considerazione esclusivamente i siti internet che riportano informazioni utili alla popolazione, informazioni scientifiche, informazioni relative alla preparazione ad una pandemia influenzale.
Ecco i risultati (essendo la classifica più interessante la presento interamente):

1. Veneto 164 punti
2. Ministero Salute - CCM 97 punti
3. Canada 65 punti
4. Emilia Romagna 51 punti
5. PandemItalia 51 punti
6. ItaliaSalute 48 punti
7. Corriere della Sera 47 punti
8. Piemonte 45 punti
9. Unione Europea 41 punti
10. Medicina Democratica 40 punti
11. Molecular Lab 35 punti
12. ISS 28 punti
13. Medinews 26 punti
14. Moige 22 punti
15. Ministero salute 21 punti
16. Umbria 17 punti
17. AUCHAN – SMA 10 punti
18. SIMIT 8 punti
19. Inghilterra 5 punti
20. EU – EMEA 2 punti
21. Kataweb 1 punto

Considerazioni – Se da un lato la presenza delle istituzioni centrali mi tranquillizza (CCM – ISS…) l’assenza di molte regioni mi lascia perplesso. L’assenza delle Regioni sembra tradire una generale disattenzione al problema. Alcune Regioni (es. Veneto ed Emilia Romagna) hanno avuto il pregio di scrivere molto e bene, ma in passato. La P.A. di Trento, invece, ha scritto molto nell’ultimo anno ma nulla di interessante. Si tratta per lo più di news relative alla deliberazione del piano pandemico regionale, nulla di informativo.
Ma dove sono tutte le altre Regioni? Dov’è la Lombardia ad esempio? La Lombardia è stata la Regione ad aver deliberato per prima il piano pandemico regionale. Nel piano lombardo si parla della realizzazione di uno spazio web dedicato nel sito della Direzione Generale Sanità, è stato fatto?
In ultimo non posso che esprimere soddisfazione per PandemItalia: attraverso la chiave di ricerca “pandemia influenzale”, Google Search riporta ‘PandemItalia’ come 19° risultato di ricerca (su 25.900).
Anche se la classifica subirà delle modifiche nel prossimo futuro, la fotografia attuale è lusinghiera. Il lavoro e lo sforzo che si sta mettendo in piedi è stato fin’ora ripagato!

venerdì 13 luglio 2007

Repubblica Ceca: ancora H5N1


Praga, 12 luglio - Due nuovi casi di contagio del virus patogeno H5N1 sono stati segnalati in Repubblica Ceca, in allevamenti nella regione di Pardubice. I veterinari della zona procederanno in giornata alla eliminazione di oltre 70.000 volatili. Gli allevamenti si trovano nelle vicinanze dei comuni di Tisova e Norin, dove casi di influenza aviaria erano stati confermati in giugno. A Tisova il 20 giugno sono stati abbattuti 6.000 tacchini e una settimana dopo a Norin altri 28.000 polli.

Fonte: ANSA

H5N1: in Italia nessun caso

In Italia non è stato rilevato alcun caso recente di contagio da virus H5N1 negli allevamenti e nella fauna selvatica: tutti i prelievi ordinariamente effettuati hanno dato esito negativo. A confermarlo è stata l'Unità di Crisi del ministero della Salute, in occasione di una riunione tenutasi lo scorso 4 luglio. Credo che si possa tranquillamente affermare: l’Italia, come del resto gli altri paesi europei, è preoccupata. Dopo i casi di Germania e Francia sembra meno improbabile che un nuovo caso di influenza aviaria possa essere riscontrato anche in Italia. Ad oggi non sono noti nuovi casi italiani. Faccio notare, però, che la Francia ha individuato i casi di infezione da H5N1 dopo aver intensificato la sorveglianza (pochi giorni prima l’H5N1 aveva colpito la Germania). I risultati Italiani fanno seguito ad un’attività “ordinaria” di sorveglianza. Che succederebbe se la sorveglianza venisse intensificata anche in Italia? Nell’inverno 2005-2006 l’interessamento mediatico all’influenza aviaria si tradusse in pesanti danni al mercato delle carni avicole: un milione di polli in meno alla settimana sul mercato italiano e il prezzo su base mensile crollò del 27,4% (mentre in Francia è aumentato del 5,2%). Non so bene cosa accadrebbe se la sorveglianza sui volatili venisse intensificata, ma temo che se venisse accertato un nuovo caso in Italia ancora una volta potrebbero esserci problemi di comunicazione da parte degli esperti, problemi di comprensione da parte dei decisori politici, problemi di informazione alla popolazione generale e una generale distorsione della percezione del rischio. Segnalo l’interessantissima opinione del dott. Valsecchi, Direttore del Dipartimento di Prevenzione della ULSS 20 di Verona. Non è un documento recente ma si adatta bene alle riflessioni odierne!

martedì 10 luglio 2007

Indonesia 81



Le vittime da H5N1 in Indonesia salgono ad 81 su 102 casi di infezione accertata. Dall'inizio dell'epidemia l'Indonesia ha il triste primato di essere il Paese più colpito rispetto ai casi umani di influenza aviaria.

Due considerazioni:

1. In Paesi come l'Indonesia la situazione non può che rimanere critica per un problema sociale di fondo: la promiscuità uomo-animale è all'ordine del giorno; per cui, se in altri Paesi si stanno facendo notevoli passi in avanti nella lotta all'aviaria, in Paesi come Indonesia ed Egitto la situazione rimane critica per i frequenti contatti che molte persone hanno con gli uccelli domestici e l'elevato rischio di trasmissione e mutazione virale.

2. L'ultima vittima dell'aviaria è un bambino di sei anni. Morto ieri, aveva cominciato a mostrare i primi sintomi della malattia il 1° luglio ma solo 4 giorni dopo (5 luglio) è stato trasportato in ospedale e subito trasferito a Jakarta. Il ritardo assistenziale (non ci è dato di sapere a cosa possa essere imputato) è un ulteriore fattore di preoccupazione; una presa in carico più rapida avrebbe potuto condurre ad un differente esito? Le esitazioni nella presa in carico possono favorire la circolazione del virus e la preoccupante trasmissione persona-persona?

lunedì 9 luglio 2007

E 2 !




Oggi è un gran giorno per PandemItalia! Gualtiero Grilli è il secondo autore ufficiale del blog!

Con il suo interessantissimo post sulla mancata pandemia del 1976 comincia una collaborazione preziosa.

Il dott. Gualtiero Grilli è dirigente medico del Dipartimento di Prevenzione della ASUR Marche - Zona Territoriale 5 di Jesi e Esperto per le Malattie Infettive del Servizio Salute P.F. Sanità Pubblica della Regione Marche.

Insegnamenti dal passato: la mancata epidemia di influenza suina del 1976

Nel gennaio 1976 un gruppo di esperti riuniti in Svizzera faceva notare che le ultime due pandemie influenzali (l’asiatica del 1957 e la Hong Kong del 1969) si erano verificate con un intervallo di 11 anni e che, a distanza di 8 anni dall’ultima, sembrava verosimile prevedere un ciclo pandemico di circa 10 anni.
Nello stesso momento a Fort Dix, un campo militare situato nella zona centrale del New Jersey, si verificava una epidemia di una malattia respiratoria attribuita ad adenovirus. Campioni di lavaggio delle prime vie aeree vennero inviati al laboratorio di sanità pubblica del New Jersey il 29 gennaio. Il 7 febbraio il laboratorio del New Jersey inviò ai Centers for Disease Control (CDC) di Atlanta sette isolamenti di virus influenzali in due dei quali non era stato possibile identificare il virus, mentre gli altri appartenevano al ceppo virale circolante all’epoca. Nel frattempo uno dei soldati colpiti da uno dei virus non identificati era deceduto. Ad Atlanta i virus non identificati furono riconosciuti come virus dell’influenza suina e una serie di campioni prelevati nelle settimane successive confermarono che si erano verificati numerosi casi di trasmissione da persona a persona di un virus dell’influenza suina, con alcune centinaia di soggetti infettati.
Il 14 febbraio fu tenuta ad Atlanta una riunione con i rappresentanti del National Institute of Health, della Food and Drug Administration, della Sanità militare e del Servizio di Sanità Pubblica del New Jersey per decidere cosa fare.
Il 17 febbraio fu completata una nuova serie di analisi e il 19 febbraio i CDC dichiararono in una conferenza stampa che a Fort Dix era stato scoperto un nuovo virus influenzale. La stampa creò immediatamente un collegamento con la pandemia del 1918 mostrando fotografie e raccontando con ampiezza di particolari episodi terribili (per altro veri) legati a quella pandemia.
Nei giorni successivi furono tenute numerose riunioni fra i Servizi e le Istituzioni interessate; in conclusione, ci fu un accordo di massima sulla necessità di dare inizio alla preparazione di un vaccino anche se restava da decidere se somministrare o no il vaccino ed eventualmente a chi.
Alcuni sostenevano la necessità di produrre il vaccino e di stoccarlo in attesa della evidenza di una diffusione del virus, altri invece sostenevano che stoccare il vaccino era difficile e costoso, senza contare che aspettare avrebbe potuto rendere l’intervento molto meno efficace. Lo slogan utilizzato dalla corrente favorevole alla vaccinazione immediata era “gamble with dollars, not with lives” (giocate d’azzardo coi dollari, non con le vite).
Il 17 febbraio campioni delle prime colture del virus isolato vennero distribuite dai CDC alle aziende farmaceutiche per iniziare le procedure per la eventuale produzione di vaccino.
Il 9 marzo una commissione di esperti arrivò alla conclusione che se il virus avesse dato origine ad una pandemia i CDC sarebbero stati accusati di non aver fatto abbastanza e se la pandemia non fosse iniziata sarebbero stati accusati di aver sprecato denaro e creato inutile allarmismo. Di fronte a questa situazione di indecisione e nell’impossibilità di trovare una soluzione, fu deciso che la priorità andava data alla salvaguardia della salute pubblica. La frase che sintetizzò le conclusioni fu “meglio un vaccino senza epidemia che una epidemia senza vaccino”.
Fu anche scartata l’ipotesi di produrre un vaccino e tenerlo di riserva: “meglio una riserva di vaccino all’interno delle persone che all’interno di un magazzino” fu un’altra delle frasi utilizzate.
Il 18 marzo l’assistente del Segretario per la Salute fornì al Segretario (equivalente del Ministro della Salute) un promemoria in cui si raccomandava lo stanziamento di 135 milioni di dollari per produrre una quantità di vaccino contro l’influenza suina sufficiente a vaccinare 200 milioni di americani.
Il 24 marzo il Presidente Ford (nell’anno delle elezioni per il suo secondo mandato) riunì alla Casa Bianca un gruppo di eminenti esperti (fra cui Salk e Sabin) che si dichiararono favorevoli a dare inizio alla campagna di vaccinazione di massa anche se era impossibile sapere se il virus avrebbe o no dato origine ad una pandemia simile a quella del 1918. A seguito di questo il Presidente diede parere favorevole ad un programma di vaccinazione di massa contro l’influenza suina.
L’opinione del resto del mondo e dell’Organizzazione Mondiale di Sanità, anche se non fu apertamente critica nei confronti della posizione statunitense, fu ampiamente scettica.
I mesi successivi furono impiegati da un lato in lunghe e frequenti riunioni per definire i dettagli della campagna e, dall’altro, nella produzione e nel controllo del vaccino. Incidentalmente furono anche prodotte due milioni di dosi di vaccino usando un ceppo virale sbagliato.
Durante l’estate, visto anche che il virus non era più ricomparso, il dibattito si fece più acceso e le voci sfavorevoli alla vaccinazione più forti. Tra l’altro, in questo periodo, le compagnie assicurative iniziarono a ricusare le polizze delle aziende produttrici di vaccino che chiesero supporto allo Stato per cui, il 12 agosto, il presidente Ford firmò una legge che assegnava al Governo federale la responsabilità civile in caso di danni causati dalla vaccinazione.
Nel mezzo della fase più calda del dibattito e in piena campagna elettorale, furono riportati tre decessi da malattia simil influenzale a Pittsburgh. Il 2 agosto altri casi furono riportati da Harrisburgh e da Philadelphia. Gli epidemiologi dei CDC rilevarono che i soggetti colpiti erano tutti reduci (in inglese Legionnaires) che avevano partecipato ad una celebrazione della dichiarazione di indipendenza il weekend del 21 luglio a Philadelphia, e che nè l’andamento clinico nè le prime indagini di laboratorio facevano pensare all’influenza.
L’episodio fu riportato con grande enfasi da tutti i giornali e dalle televisioni che sottolinearono in tutti i modi la malattia misteriosa che colpiva i reduci, descrivendo in dettaglio ogni nuovo caso.
A seguito di questo, il Presidente, in campagna elettorale, non volle rischiare accuse di insabbiamento del programma di vaccinazione e il 10 settembre il Congresso approvò il programma di immunizzazione contro l’influenza suina, prendendo atto dei due mesi di ritardo accumulato.
Nel mese di settembre, quando l’agente eziologico della legionellosi non era stato ancora identificato, gli epidemiologi dei CDC avevano definito che qualunque cosa fosse accaduta, era accaduta nella lobby dell’Hotel Bellevue Stratford di Philadelphia o appena al di fuori di questo.
Nel frattempo, tutti gli Stati avevano scritto ed inviato i loro piani per la vaccinazione di massa contro l’influenza suina mentre cominciava ad apparire chiaro che le aziende produttrici non sarebbero state in grado di produrre tutto il vaccino necessario e che non ci sarebbe stato il tempo per la sperimentazione necessaria per raccomandare la vaccinazione nei soggetti di 3-18 anni.
Il 1 ottobre il programma di vaccinazione contro l’influenza suina ebbe inizio e 10 giorni dopo fu riportato il decesso a Pittsburgh di tre soggetti anziani vaccinati con il nuovo vaccino. Il 13 ottobre le Autorità sanitarie di Pittsburgh interruppero il programma di vaccinazione rapidamente seguiti da altri Stati e territori. I giornali e televisioni cominciarono a riportare casi di decessi dopo la vaccinazione da tutti gli stati e solo dopo alcuni giorni fu possibile convincere i giornalisti che la mortalità negli ultra ottantenni non è così rara e quindi non può essere sempre attribuita ai vaccini.
L’ostilità della stampa coinvolse i CDC che furono accusati ripetutamente di incompetenza mentre veniva ventilata l’ipotesi di una sostanza tossica quale causa dell’epidemia nei reduci. Una delle tante commissioni di esperti riunite in quel periodo escluse tassativamente l’eziologia batterica lasciando come possibili quella tossica o quella virale. Nel frattempo l’Hotel Bellevue Stratford fallì (adesso esiste ancora con un altro nome essendo stato acquistato dalla catena internazionale Hyatt).
Il 24 novembre i CDC ricevettero la prima notifica di sindrome di Guillaine-Barrè in un vaccinato e una rapida indagine consentì di riscontrare 54 casi in 10 stati fino al 14 dicembre.
Il 16 dicembre 1976, 11 mesi e 45 milioni di vaccinazioni dopo la prima identificazione del virus dell’influenza suina, i CDC chiesero ufficialmente l’interruzione del programma di vaccinazione.
Nella prima settimana del nuovo anno, il 1977, due studiosi dei CDC descrissero l’agente eziologico della legionellosi che non era nè una sostanza tossica nè un virus ma era un batterio.
Nella tarda primavera apparve un nuovo virus influenzale che non aveva nulla a che fare con l’influenza suina: si trattava di un virus A H1N1 quasi identico a quello che aveva circolato nel 1950. Questo virus A H1N1, contro ogni previsione, non ha sostituito il virus A H3N2 allora circolante e, anche se con minori variazioni antigeniche, entrambi gli stipiti virali circolano ancora dopo 30 anni.
Anche il problema della sindrome di Guillaume-Barrè è stato ridimensionato e oggi si ritiene che costituisca un effetto indesiderato grave molto raro, associato alle vaccinazioni nei soggetti adulti predisposti.
Da questa esperienza è stato possibile imparare molte cose: innanzitutto, indipendentemente dall’esito, l’intero sistema statunitense è stato messo in stato di emergenza ed è stato possibile verificare in dettaglio i punti forti e i punti deboli. Ad esempio, tutto l’apparato produttivo dei vaccini ha risposto complessivamente bene e il fatto di essere stati in grado di vaccinare 45 milioni di persone in 77 giorni depone per una rete complessivamente buona. In pratica, considerando l’episodio come una specie di esercitazione nazionale, gli effetti positivi sul sistema sono indiscutibili se non fosse che, in realtà, non si è trattato di una esercitazione ed è stata spesa una quantità sproporzionata di denaro pubblico.
I punti deboli sono stati fondamentalmente due collegati tra di loro: il primo è stato la comunicazione. Fin dalla prima conferenza stampa, le informazioni sono state travisate in tutti i modi possibili, fino a fare in modo che le più importanti decisioni siano state pesantemente condizionate dai giornali e dalle televisioni. Questo comporta una responsabilità da parte della stampa, ma anche da parte dei comunicatori istituzionali che, evidentemente, non sono stati in grado di farsi capire.
Il secondo punto debole è stata la catena decisionale non solo a livello politico, ma anche all’interno del mondo scientifico: i decisori si sono fatti influenzare fortemente dalla paura di sbagliare e conseguentemente perdere prestigio, ma questo, di per se, non può essere considerato un grave errore se fa propendere per una posizione di cautela e di sicurezza per la salute pubblica. Diventa errore grave quando la paura fa perdere di vista l’evidenza scientifica: dopo i primi casi (14 in tutto con un solo decesso) non vi furono più isolamenti, il virus non si diffuse al di fuori delle caserme di Fort Dix, non si verificò più alcun segno di propagazione della malattia nemmeno fra i militari, tuttavia gli esperti furono praticamente tutti d’accordo ad iniziare il programma.
Quando un gruppo di esperti nei processi decisionali intervistò ad un anno di distanza i partecipanti alle riunioni in cui il progetto fu approvato, fu chiaro che, singolarmente, nessuno di essi riteneva che la probabilità che si verificasse una pandemia superasse la soglia del 20%, tuttavia nessuno si sentì di comunicarlo agli altri. A distanza di un anno, nessuno fu in grado di spiegare chiaramente come si arrivò alla decisione, quasi che il percorso decisionale fosse obbligato, o talmente condizionato da far perdere di vista ogni altra cosa. Queste modalità decisionali furono riscontrate anche in altre decisioni importanti, parimenti considerate a posteriori sbagliate, quali la decisione di effettuare lo sbarco alla baia dei Porci a Cuba, o quella di impegnarsi nella guerra del Viet Nam.
In conclusione, quest’episodio, riveduto a distanza di anni e da un altro continente, suggerisce una volta in più che la lezione più importante è quella di pianificare al meglio ed effettuare più esercitazioni possibile per evitare che la realtà si trasformi essa stessa in esercitazione.
L’esperienza dell’influenza suina fu dichiarata “la soluzione sbagliata di un problema inesistente” ma anche questo può contribuire alla crescita di un sistema, l’importante è non ignorare o non dimenticare i fatti accaduti.

Bibliografia di riferimento:

Gaydos JC, Top FH, Hodder RA, Russell PK. Swine influenza A outbreak, Fort Dix, New Jersey, 1976. Emerg Infect Dis [serial on the Internet]. 2006 Jan. Disponibile in: http://www.cdc.gov/ncidod/EID/vol12no01/05-0965.htm

Krause R. The swine flu episode and the fog of epidemics. Emerg Infect Dis [serial on the Internet]. 2006 Jan [date cited]. Disponibile in: http://www.cdc.gov/ncidod/EID/vol12no01/05-1132.htm

Dowdle WR: The 1976 experience. J Infect Dis 176 (suppl 1) S69-S72, 1997.

Dowdle WR, Past, present and future of influenza control: opening remarks. In “Options for the control of influenza II” Eds. Hannoun C, Kendal AP, Klenk HD, Ruben FL, Exerpta Medica, Amsterdam 1993.

Neustadt RE, Fineberg HV: The swine flu affair: decision making on a slippery disease. Washington: department of health, education and welfare, 10-16, 1978.

Stoto MA: The precautionary principle and emerging biological risks: lessons from swine flu and HIV in blood products. Public Health Reports 117, 546-552, 2002.

sabato 7 luglio 2007

Una storia vera!

Oggi vi racconto una storia interessante: nel 2006 un gruppo di italiani si sono uniti e hanno creato il blog “Prepararsi alla pandemia”. Obiettivo principale: essere in grado di far fronte ad un’eventuale pandemia influenzale.
Purtroppo il blog è fermo al giugno del 2006. Ma l’iniziativa non è stata sterile e il principale risultato del gruppo è un interessantissimo documento: un draft di piano pandemico individuale.
Attualmente il documento non è scaricabile ma può essere richiesto all’indirizzo di posta: artkin@libero.it
Il piano è per alcuni aspetti molto interessante e in alcune cose è sicuramente migliorabile, del resto si tratta di un draft!
Tutta la mia stima e rispetto ai cittadini che hanno pensato ed ideato il documento, non essendo operatori sanitari, in un’Italia priva (ancora oggi) di un documento scientifico di riferimento rispetto alla preparazione individuale in caso di pandemia influenzale e prima ancora dell’uscita di documenti guida come la “Pandemic flu planning checklist for individuals & families”

giovedì 5 luglio 2007

H5N1 in Francia


Parigi, 5 luglio 2007 - Nei giorni scorsi tre cigni sono stati ritrovati morti nel nord est della Francia e sono stati analizzati per valutare se portatori di H5N1. Le prime analisi hanno dato il sospetto dell’Influenza Aviaria ma solo nella giornata odierna i primi sospetti hanno trovato conferma. Misure precauzionali sono già state prese in accordo alla normativa UE.
Dagli ultimi giorni di Giugno la Francia ha intensificato la sorveglianza visti i casi riscontrati in Repubblica Ceca e Germania.
Fonte: Reuters

Direi che in Francia la decisione di intensificare la sorveglianza ha avuto i suoi effetti.
Mi sono sempre chiesto: l’influenza aviaria è esplosa negli ultimi due anni o è semplicemente migliorato il sistema di sorveglianza per stabilirne la presenza?
Qui riporto due immagini emblematiche (Google Earth). In giallo sono segnalati i focolai di influenza aviaria confermati attraverso indagini di laboratorio.

Situazione al 25 novembre 2005 – Epidemie di influenza aviaria negli animali:


Situazione al 22 Maggio 2006 – Epidemie di influenza aviaria negli animali:


Sono state le ondate migratorie ad espandere i focolai epidemici di influenza aviaria? O semplicemente si è cominciato a scoprire cose già preesistenti ma mai valutate precedentemente?

mercoledì 4 luglio 2007

A scuola di pandemie: La lezione del 1918



Nel settembre del 1918 la seconda ondata di influenza pandemica si stava propagando attraverso l’America. Negli Stati Uniti le basi militari furono duramente colpite.
Ho tradotto parte di una lettera scritta da un medico dell’esercito recentemente reclutato alla base militare di Camp Devens nel Massachusetts.
La lettera venne ritrovata nel 1959 e per la prima volta pubblicata il 22 dicembre del 1979 dal British Medical Journal.

Mio caro Burt,
è più che probabile che tu sia interessato ad avere notizie su questo posto, visto che c’è la possibilità che tu venga assegnato qui per il servizio, così, avendo un minuto tra i vari giri, cercherò di spiegarti un po’ la situazione, così come l’ho vissuta nell’ultima settimana.

Come sai non ho visto molte polmoniti negli ultimi anni a Detroit, così quando sono arrivato qui mi sono sentito arretrato rispetto alle finezze nel fare diagnosi complesse tipiche dell’esercito. Inoltre, come se non bastasse, nell’ultima settimana si è riacutizzato il mio vecchio “orecchio marcio”, come lo chiama Artie Ogle, e non ho potuto usare per nulla lo stetoscopio ma ho dovuto fare affidamento sulla mia capacità di individuarle attraverso la mia generale conoscenza delle polmoniti. Ho fatto abbastanza bene, poi alla fine ho trovato un vecchio fonendoscopio che ho rimesso insieme e da quel momento le cose sono andate bene […].
Camp Devens è vicino Boston e ha circa 50.000 uomini, o aveva prima che questa epidemia scoppiasse […]. Questa epidemia è cominciata circa quattro settimane fa e si è sviluppata così rapidamente che il campo è demoralizzato, tutto il lavoro ordinario è bloccato fino a quando la situazione non si risolverà. Tutte le adunanze dei soldati sono state vietate.

Questi uomini presentano all’inizio quello che appare essere un comune attacco di influenza, poi quando vengono portati all’ospedale sviluppano molto rapidamente il tipo di polmonite più essudativa che io abbia mai visto. Due ore dopo l’ammissione presentano macchie color mogano sopra le ossa del volto e poche ore dopo la cianosi comincia ad estendersi dalle orecchie e si diffonde su tutta la faccia fino a quando diventa difficile distinguere gli uomini di colore dai bianchi. È solo una questione di ore fino a quando la morte sopraggiunge ed è semplicemente un combattimento per l’aria fino al soffocamento. È orribile. Uno può vedere uno, due o anche venti uomini morire, ma assistere questi poveri diavoli che cadono come mosche è snervante. Abbiamo contato circa 100 morti al giorno e stiamo continuando a tenere il conto. Io non ho dubbi, siamo di fronte ad una nuova infezione mista, ma non so dire di cosa si tratti. Tutto il mio tempo è speso per ricercare i rumori, rumori secchi o umidi, sibilanti o crepitanti o qualsiasi altra delle centinaia di cose che uno può riscontrare in un polmone, tutto significa una cosa sola - Polmonite - e questo significa morte in quasi tutti i casi […].

Abbiamo perso un esorbitante numero di infermieri e dottori e la piccola cittadina di Ayer è una visione. Treni speciali vengono utilizzati per trasportare via i morti. Per molti giorni sono mancate le casse da morto e i corpi sono stati ammassati selvaggiamente, noi eravamo soliti andare all’obitorio (che si trova proprio di fronte al mio reparto) e guardare i ragazzi distesi in lunghe fila. Batte qualsiasi visione abbiano mai avuto in Francia dopo una battaglia […]. Non abbiamo riposo, ti alzi la mattina alle 5.30 e lavori di continuo fino alle 9.30 di sera, ti addormenti e poi ricominci da capo. Alcuni fra gli uomini naturalmente sono stati qui tutto il tempo e sono STANCHI.

Se questa lettera sembra in qualche cosa disconnessa non farci caso, mentre scrivevo sono stato chiamato una dozzina di volte, l’ultima volta appena adesso dall’Ufficiale di Giornata che è entrato per dirmi che non hanno ancora trovato in nessuna autopsia alcun caso che vada oltre lo stadio di epatizzazione rossa. Li uccide prima che arrivino fino a quel punto.
(La lettera prosegue fino ai saluti)

Questa lettera è importante. Descrive con chiarezza e semplicità il rapido decorso della malattia, la grande differenza tra l’influenza pandemica e le comuni influenze stagionali e l’alto tasso di letalità della malattia.
La pandemia del 1918 è considerata di eccezionale entità. Si stima che nel mondo provocò dai 40 ai 50 milioni di morti.
Quando accenno al pericolo che una nuova pandemia riproponga l’impatto della grande pandemia del 1918 gran parte delle persone con cui parlo obiettano che nel 1918 le condizioni igienico sanitarie dovevano essere diverse da quelle attuali e che l’avanzamento della scienza medica in campo terapeutico rende impossibile pensare che una pandemia severa come quella del 1918 abbia oggi lo stesso impatto.
Ma la storia ci insegna una lezione differente:
- Non sono le condizioni di chi viene infettato a preoccupare ma la virulenza del ceppo pandemico. Un virus pandemico altamente virulento non guarda in faccia a nessuno. Nei campi militari morirono soldati americani, presumo si trattasse di giovani uomini in piena salute.
- Il virus infettò molti e uccise nel giro di poche ore. Mi chiedo come si possa fronteggiare un virus simile con le attuali capacità assistenziali. Abbiamo quasi 100 anni di scienza alle spalle, abbiamo le terapie intensive, abbiamo i respiratori meccanici, ma se la richiesta di assistenza fosse elevata le tecnologie a disposizione sarebbero comunque inadeguate.
Quello che a mio parere rende veramente differente il mondo attuale da quello del 1918 sono i vaccini e la possibilità, per la prima volta nella storia dell’umanità, di essere preparati ad affrontare il peggio.

lunedì 2 luglio 2007

Sempre informati!


Essere continuamente informati: credo che sia una regola valida per ogni ambito ed argomento interessi le nostre vite.
Chi è interessato ad essere costantemente aggiornato sugli sviluppi relativi all’Influenza Aviaria non deve far altro che registrare fra i propri “preferiti” i due siti che vi propongo:

Yahoo News – Full Coverage: Bird Flu


Se non morite dalla smania di rimanere "sulla notizia" allora mettete tra i preferiti PandemItalia!

Buona lettura, rimanete aggiornati!

H5N1 in Togo



Lome, 27 giugno 2007 - Test indipendenti effettuati in Italia hanno confermato la presenza del virus H5N1 in allevamenti di polli in Togo, nazione dell’Africa occidentale. Diverse centinaia di polli erano recentemente stati ritrovati morti, la maggior parte dei quali in una fattoria di Sigbehoue, 45 chilometri a est della capitale Lome. Il Ministro dell’Agricoltura, Nagou Mado, ha dichiarato che sono state prese delle misure per cercare di contenere la diffusione del virus.
Fino ad ora non erano mai stati riscontrati casi di influenza aviaria da H5N1 in Togo.
Fonte: AFP


Mi preoccupa il progredire delle epidemie di influenza aviaria in Africa. Come nel caso del Togo molti altri paesi africani sono gravati da condizioni igienico sanitarie scadenti e eccessiva promiscuità uomo-animale. Non mi stupirebbe la notizia di infezioni umane da H5N1 in Togo. Mi preoccupa la maggiore probabilità di interazione uomo-animale e i possibili scambi genetici che possono derivare dalle stesse

Cosa deve accadere perchè il virus H5N1 diventi un virus pandemico?

Un virus influenzale come l’H5N1 può migliorare la sua trasmissibilità tra gli umani attraverso due meccanismi principali.
Il primo è definito “riassortimento” e si verifica quando virus influenzali umani ed aviari scambiano il proprio materiale genetico durante una co-infezione (infezione contemporanea nello stesso individuo da parte di due virus influenzali) che può verificarsi nell’uomo o, più frequentemente, negli animali (suini, volatili…). Il meccanismo di riassortimento può esitare in un virus pandemico facilmente trasmissibile da uomo a uomo. Questo avvenimento sarebbe annunciato da un rapido aumento di casi di malattia con una esplosiva propagazione del virus.
Il secondo meccanismo è un processo più graduale, caratterizzato da mutazioni adattative attraverso le quali il virus, attraverso successive infezioni nell’uomo, acquisisce la sempre maggiore capacità di infettare cellule umane. Le mutazioni adattative si esprimono nei primi tempi attraverso piccoli cluster di casi umani con qualche evidenza di trasmissione interumana; questi avvenimenti potrebbero concedere il tempo necessario per mettere in atto le più opportune azioni difensive.