Sul New England Journal of Medicine è apparso oggi un articolo sui casi ospedalizzati in USA. Fra i casi riportati nello studio, un terzo di quelli ricoverati in terapia intensiva ha sviluppato ARDS (sindrome da stress respiratorio acuto), riferibile in parte probabilmente a invasione diretta da parte del virus H1N1 2009 delle basse vie respiratorie. Secondo uno studio australiano e neozelandese pubblicato sulla stessa rivista, sui circa 700 pazienti ricoverati in terapia intensiva, la metà aveva una pneumonite virale primaria e/o ARDS, mentre il 20% aveva una co-infezione batterica.Per quanto riguarda i pazienti USA, oltre il 70% aveva una storia clinica di pregresse patologie croniche (asma, diabete, disordine cronico ostruttivo polmonare, immunosoppressione, malattia del cuore, rene o epatiche). In pratica, se il quadro clinico dell'infezione da virus H1N1 2009 è per la stragrande maggioranza dei casi benigno e auto-limitante, una porzione piccola ma non indifferente sviluppa complicanze gravi che necessitano interventi invasivi in rianimazione, con saturazione delle terapie intensive e assorbimento di personale e risorse.Quale sia il ruolo della citochinemia nello sviluppo dell'ARDS nel quadro dell'infezione da H1N1 2009, rimane da stabilirsi. Quello che appare sicura è la pressione sulle strutture sanitarie e sulla società nel suo complesso dato che la maggior parte dei casi gravi è concentrata fra i giovani con meno di 18 anni e in quelli fra 25-60 anni, in età lavorativa. L'utilizzo degli antivirali precocemente pare migliorare la prognosi. Una rapida implementazione di una immunizzazione fra le fascie di popolazione a maggior rischio è cruciale nella prospettiva di ridurre i costi sociali, umani ed economici di questa pandemia.
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venerdì 9 ottobre 2009
venerdì 4 settembre 2009
Pandemia influenzale: primo decesso in Italia
Dal Comunicato stampa n. 376 del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.
Si è verificato a Napoli il primo decesso in un paziente che ha contratto l’infezione da influenza AH1N1 nel nostro Paese. Si tratta di un uomo di 51 anni, ricoverato all’Ospedale Cotugno di Napoli il 30 agosto scorso.
Il paziente presentava da tempo gravi condizioni di base, con cardiopatia dilatativa e diabete grave recentemente complicate da insufficienza renale. Nel corso del ricovero l’uomo ha sviluppato inoltre una sepsi da stafilococco, infezione già di per sé molto grave.
Il decesso è quindi da imputare solo indirettamente all’infezione da influenza AH1N1 in quanto in pazienti gravemente compromessi qualsiasi altra malattia febbrile favorisce tali esiti.
Occorre a questo punto distinguere casi come questo, in cui il decesso si verifica in corso di influenza da virus A H1N1, dai rari casi gravi direttamente attribuibili a questo virus, come quello relativo al paziente ricoverato a Monza e affetto da polmonite virale primaria.
Questi ultimi casi in cui si verifica un effetto diretto del virus sui polmoni sono preoccupanti ma per fortuna estremamente rari. L’Unità di crisi ha allo studio delle misure specifiche da implementare su tutto il territorio nazionale per il riconoscimento precoce e la gestione ottimale di queste rare forme gravi dell’influenza AH1N1.
Si è verificato a Napoli il primo decesso in un paziente che ha contratto l’infezione da influenza AH1N1 nel nostro Paese. Si tratta di un uomo di 51 anni, ricoverato all’Ospedale Cotugno di Napoli il 30 agosto scorso.
Il paziente presentava da tempo gravi condizioni di base, con cardiopatia dilatativa e diabete grave recentemente complicate da insufficienza renale. Nel corso del ricovero l’uomo ha sviluppato inoltre una sepsi da stafilococco, infezione già di per sé molto grave.
Il decesso è quindi da imputare solo indirettamente all’infezione da influenza AH1N1 in quanto in pazienti gravemente compromessi qualsiasi altra malattia febbrile favorisce tali esiti.
Occorre a questo punto distinguere casi come questo, in cui il decesso si verifica in corso di influenza da virus A H1N1, dai rari casi gravi direttamente attribuibili a questo virus, come quello relativo al paziente ricoverato a Monza e affetto da polmonite virale primaria.
Questi ultimi casi in cui si verifica un effetto diretto del virus sui polmoni sono preoccupanti ma per fortuna estremamente rari. L’Unità di crisi ha allo studio delle misure specifiche da implementare su tutto il territorio nazionale per il riconoscimento precoce e la gestione ottimale di queste rare forme gravi dell’influenza AH1N1.
lunedì 4 febbraio 2008
Nuovi segnali di resistenza

Emergenza di virus influenzali stagionali tipo A/H1N1 resistenti all'Oseltamivir in alcuni Paesi Europei all'inizio della stagione influenzale 2007-2008.
Le indagini preliminari condotte su segnalazione della Norvegia dall'ECDC/WHO hanno scoperto la presenza della mutazione H275Y che conferisce un alto grado di resistenza al farmaco di prima scelta per il trattamento e la profilassi dell'influenza su campioni virali isolati in nove paesi europei fra cui la Norvegia, il Regno Unito, la Francia. Ulteriori segnalazioni sono pervenute dal Canada e dagli Stati Uniti ma non dal Giappone (dove l'utilizzo del farmaco durante le epidemie stagionali è molto frequente) e da Hong Kong. Non si conoscono al momento le implicazioni sui piani di preparazione pandemica poichè in precedenza si erano osservati con estrema rarità casi di influenza umana resistente al farmaco.
Le più autorevoli fonti per approfondire la notizia:
sabato 10 novembre 2007
La Pandemia Influenzale e la Linea Maginot della Sanità Pubblica

Revere (Effect measure) scrive sempre cose molto sensate e condivisibili. Ma quello che ha scritto l'8 novembre è un capolavoro.
Leggi qui il post: Public health's Maginot Line
Il succo del discorso è il seguente: nessuno mette in discussione l’importanza dei vaccini e degli antivirali ma la gran parte delle risorse spese per la preparazione alla pandemia influenzale è stata rivolta a vaccini ed antivirali. La cosa più logica sarebbe investire nei servizi routinari della sanità pubblica, perché in fondo il buon utilizzo dei vaccini e degli antivirali dipenderà anche (soprattutto?) dal buon funzionamento del sistema di sanità pubblica.
Così le strategie con vaccini e antivirali appaiono come la Linea Maginot della Sanità Pubblica. Efficaci se il nemico cercherà di invaderci oltrepassandola ma se il nemico dovesse aggirarla (e sono proprio i virus a mutare raggirando i vaccini e soprattutto gli antivirali)… saremmo senza aiuto ed indifesi.
Non si può parlare solo ed esclusivamente di vaccini pandemici o pre-pandemici e antivirali. I sistemi di sorveglianza, la comunicazione, il sistema di allerta, il sistema di laboratorio, la funzione epidemiologica, l’assistenza sanitaria, i servizi vaccinali, ogni giorno impegnati nelle vaccinazioni tradizionali, vanno potenziati ora che siamo in tempo di pace, in accordo con il famoso detto: la guerra si prepara in tempo di pace.
Leggi qui il post: Public health's Maginot Line
Il succo del discorso è il seguente: nessuno mette in discussione l’importanza dei vaccini e degli antivirali ma la gran parte delle risorse spese per la preparazione alla pandemia influenzale è stata rivolta a vaccini ed antivirali. La cosa più logica sarebbe investire nei servizi routinari della sanità pubblica, perché in fondo il buon utilizzo dei vaccini e degli antivirali dipenderà anche (soprattutto?) dal buon funzionamento del sistema di sanità pubblica.
Così le strategie con vaccini e antivirali appaiono come la Linea Maginot della Sanità Pubblica. Efficaci se il nemico cercherà di invaderci oltrepassandola ma se il nemico dovesse aggirarla (e sono proprio i virus a mutare raggirando i vaccini e soprattutto gli antivirali)… saremmo senza aiuto ed indifesi.
Non si può parlare solo ed esclusivamente di vaccini pandemici o pre-pandemici e antivirali. I sistemi di sorveglianza, la comunicazione, il sistema di allerta, il sistema di laboratorio, la funzione epidemiologica, l’assistenza sanitaria, i servizi vaccinali, ogni giorno impegnati nelle vaccinazioni tradizionali, vanno potenziati ora che siamo in tempo di pace, in accordo con il famoso detto: la guerra si prepara in tempo di pace.
venerdì 17 agosto 2007
Origini del termine "influenza"

Per chiunque fosse interessato all'approfondimento: un buon documento del CIRI (Centro Interuniversitario di Ricerca sull'Influenza e sulle Infezioni Virali).
Mi permetto di riportare una "chicca" dallo stesso documento:
All'origine della parola italiana influenza, tuttora usata in numerose altre lingue, c'è il termine latino "influentia". II nome rifletteva la credenza diffusa nell'antica Roma che la comparsa delle epidemie fosse strettamente correlata all'influenza di congiunzioni sfavorevoli delle stelle.
venerdì 10 agosto 2007
Ricetta Biblica per produrre olio “anti-virus”

Michael Ovadia, ricercatore dell'Università di Tel Aviv - Dipartimento universitario di Zoologia, ha usato un passo Biblico per produrre la versione moderna di un antico olio sacerdotale capace, a suo dire, di proteggere contro un’ampia gamma di virus.
L’olio era utilizzato dai sacerdoti del tempio di Israele per ungersi prima di sacrificare gli animali. Michael Ovadia è sicuro che quest’olio, preparato con cannella ed altre spezie, possa avere un ruolo nell’impedire la diffusione di agenti infettivi e si dice abbastanza sicuro dell’efficacia nella prevenzione della trasmissione di virus come quello dell’influenza aviaria, gli herpes virus e addirittura l’HIV.
Questa notizia, che sembrerebbe frutto di una mente quantomeno fantasiosa, l’ho trovata on-line e si tratta di una notizia vera! Chi voglia approfondire clicchi qui e qui (in italiano).
David L. Sackett (foto a destra), uno dei padri fondatori della Medicina Basata sulle Evidenze, l'ha definita come "L'utilizzo coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze nel prendere decisioni per le cure individuali di un paziente. La pratica dell'EBM significa integrare l'esperienza clinica individuale con le migliori evidenze cliniche provenienti da ricerche sistematiche".
Il fondamento dell’EBM sono i trial. Essi rappresentano la strada più affidabile per scoprire cure efficaci o smascherare quelle che non lo sono.
L’olio era utilizzato dai sacerdoti del tempio di Israele per ungersi prima di sacrificare gli animali. Michael Ovadia è sicuro che quest’olio, preparato con cannella ed altre spezie, possa avere un ruolo nell’impedire la diffusione di agenti infettivi e si dice abbastanza sicuro dell’efficacia nella prevenzione della trasmissione di virus come quello dell’influenza aviaria, gli herpes virus e addirittura l’HIV.
Questa notizia, che sembrerebbe frutto di una mente quantomeno fantasiosa, l’ho trovata on-line e si tratta di una notizia vera! Chi voglia approfondire clicchi qui e qui (in italiano).
Sebbene mi preoccupi la sorte di ogni essere umano, non starò qui a esprimere la mia preoccupazione per un professore che ha violato un ordine Divino (chi vuole legga Esodo 30:22-33, troverete la ricetta ma anche la maledizione di Dio per chi utilizzerà l’olio di consacrazione al di fuori delle prescrizioni Divine). Non vorrei nemmeno parlare del fatto che il professor Ovadia abbia venduto la sua scoperta alla Frutarom, una azienda produttrice di profumi, estratti, olii essenziali e non so cos’altro e magari che per la vendita abbia, forse… chissà…, esagerato le proprietà curative dell’olio.
Quello di cui vorrei parlare è la terminologia utilizzata. Il professor Ovadia parla di scoperta efficace… Quando si utilizza l’aggettivo “efficace” per descrivere un farmaco, un trattamento, un prodotto di qualunque natura esso sia, dovrebbe essere chiaro il significato che sottende al termine “efficacia”. Dagli anni ’90 si è sviluppata una nuova medicina, la medicina basata sulle prove di efficacia (o evidenze), meglio conosciuta con l’acronimo EBM.
David L. Sackett (foto a destra), uno dei padri fondatori della Medicina Basata sulle Evidenze, l'ha definita come "L'utilizzo coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze nel prendere decisioni per le cure individuali di un paziente. La pratica dell'EBM significa integrare l'esperienza clinica individuale con le migliori evidenze cliniche provenienti da ricerche sistematiche".Il fondamento dell’EBM sono i trial. Essi rappresentano la strada più affidabile per scoprire cure efficaci o smascherare quelle che non lo sono.
In estrema sintesi, ecco come funziona il trial per testare l’efficacia di un certo farmaco: si includono nello studio dei partecipanti secondo espliciti criteri di inclusione (elemento fondamentale: che siano malati della malattia per cui il farmaco si sperimenta); si dividono i partecipanti in due gruppi (a caso); un gruppo riceve il farmaco studiato, l’altro gruppo riceve un altro farmaco (possibilmente quello considerato efficace rispetto alla malattia in questione) o il placebo (una pillola vuota); si stabilisce se ci sono differenze tra il gruppo dei trattati con il nuovo farmaco e il gruppo di controllo ovvero non trattato (placebo) o trattato con il farmaco di controllo.
Ora avrete capito perché non amo l’omeopatia: non esistono prove scientifiche che attestino l’efficacia dei rimedi omeopatici.
E capirete anche perché non amo particolarmente Ovadia: la disubbidienza a Dio non c’entra! Si tratta della sostanziale assenza di prove di efficacia a sostegno dell’olio biblico utilizzato nell'uomo come farmaco anti-virale.
Ora avrete capito perché non amo l’omeopatia: non esistono prove scientifiche che attestino l’efficacia dei rimedi omeopatici.
E capirete anche perché non amo particolarmente Ovadia: la disubbidienza a Dio non c’entra! Si tratta della sostanziale assenza di prove di efficacia a sostegno dell’olio biblico utilizzato nell'uomo come farmaco anti-virale.
Del resto nel campo delle malattie infettive non sempre i principi della medicina basata sulle evidenze possono essere applicati. Quella che viene definita Evidence Based Prevention (una prevenzione che si fonda sui principi della EBM) metterebbe in ginocchio molte scelte di sanità pubblica.
Talvolta le prove dell’efficacia di una determinata azione o di un determinato trattamento preventivo sono assenti semplicemente perché difficilmente valutabili.
Talvolta le prove dell’efficacia di una determinata azione o di un determinato trattamento preventivo sono assenti semplicemente perché difficilmente valutabili.
Prendiamo ad esempio le prove relative all’utilizzo delle mascherine chirurgiche in caso di pandemia influenzale. Non ci sono chiare evidenze che ne attestino l’inutilità; al contempo non ci sono chiare prove che ne dimostrino l’efficacia protettiva.
Cosa fare quando le prove di efficacia mancano?
Torneremo su questo argomento perchè è il nodo centrale di molte scelte di sanità pubblica per affrontare un'eventuale pandemia influenzale!
mercoledì 6 giugno 2007
Anche i ricchi piangono!

Una nota ditta farmaceutica ritiene che i governi mondiali non stiano facendo abbastanza per accantonare sufficienti scorte di farmaco anti-virale da impiegare contro la pandemia influenzale…
Se mi posso permettere:
Punto numero 1: le case farmaceutiche hanno guadagnato abbastanza gli scorsi anni e scusate se mi viene la convinzione che possano essere in grado di auto-finanziare le proprie ricerche per lunghi anni.
Punto numero 2: i farmaci antivirali avranno efficacia discutibile in corso di pandemia influenzale. Potrebbero essere molto utili in fase di allerta 4 e 5 ma nessuno può dire quanto utili possano essere in corso di pandemia. Prima di tutto perché non saranno disponibili per tutta la popolazione. In secondo luogo perché è noto che nell’utilizzo di massa il virus pandemico potrebbe sviluppare resistenza agli antivirali e il loro utilizzo potrebbe essere completamente inficiato.
Punto numero 3: i Governi non sono chiamati a fare beneficenza alle case farmaceutiche. Fino a prova contraria sono le case farmaceutiche a dover investire nella ricerca per creare tecnologie (farmaci) efficaci e sicure. Solo di fronte a reali prove di efficacia i governi dovrebbero investire su farmaci come gli antivirali (l'efficacia degli antivirali è stata valutata rispetto all'influenza stagionale e non rispetto all'influenza da H5N1 - molti aspetti del trattamento devono essere ancora valutati).
La preparazione all’evento pandemico è il continuo progredire in una preoccupante camminata da equilibrista. Se si spende poco c’è il rischio di ritrovarsi colpevolmente impreparati nel momento del bisogno; se si spende troppo c’è il rischio di bruciare risorse che potrebbero essere utilizzate in modo migliore (guarda caso mi viene da pensare ai quintali di antivirali sparsi per il mondo che sono scaduti senza essere stati utilizzati). Mi chiedo quale livello di preparazione l’Italia avrebbe potuto raggiungere se le risorse investite gli scorsi anni nei farmaci antivirali fossero state indirizzate all’assunzione di personale per i dipartimenti di prevenzione territoriali, cronicamente sotto organico e assetati di risorse.
Ultimo punto ma non meno importante: generalmente le lacrime di coccodrillo non mi muovono a compassione.
Se mi posso permettere:
Punto numero 1: le case farmaceutiche hanno guadagnato abbastanza gli scorsi anni e scusate se mi viene la convinzione che possano essere in grado di auto-finanziare le proprie ricerche per lunghi anni.
Punto numero 2: i farmaci antivirali avranno efficacia discutibile in corso di pandemia influenzale. Potrebbero essere molto utili in fase di allerta 4 e 5 ma nessuno può dire quanto utili possano essere in corso di pandemia. Prima di tutto perché non saranno disponibili per tutta la popolazione. In secondo luogo perché è noto che nell’utilizzo di massa il virus pandemico potrebbe sviluppare resistenza agli antivirali e il loro utilizzo potrebbe essere completamente inficiato.
Punto numero 3: i Governi non sono chiamati a fare beneficenza alle case farmaceutiche. Fino a prova contraria sono le case farmaceutiche a dover investire nella ricerca per creare tecnologie (farmaci) efficaci e sicure. Solo di fronte a reali prove di efficacia i governi dovrebbero investire su farmaci come gli antivirali (l'efficacia degli antivirali è stata valutata rispetto all'influenza stagionale e non rispetto all'influenza da H5N1 - molti aspetti del trattamento devono essere ancora valutati).
La preparazione all’evento pandemico è il continuo progredire in una preoccupante camminata da equilibrista. Se si spende poco c’è il rischio di ritrovarsi colpevolmente impreparati nel momento del bisogno; se si spende troppo c’è il rischio di bruciare risorse che potrebbero essere utilizzate in modo migliore (guarda caso mi viene da pensare ai quintali di antivirali sparsi per il mondo che sono scaduti senza essere stati utilizzati). Mi chiedo quale livello di preparazione l’Italia avrebbe potuto raggiungere se le risorse investite gli scorsi anni nei farmaci antivirali fossero state indirizzate all’assunzione di personale per i dipartimenti di prevenzione territoriali, cronicamente sotto organico e assetati di risorse.
Ultimo punto ma non meno importante: generalmente le lacrime di coccodrillo non mi muovono a compassione.
martedì 29 maggio 2007
Dieci cose che devi sapere sulla pandemia influenzale: Numero 6

Farmaci e Vaccini saranno inadeguati
Le scorte di vaccini e farmaci anti-virali, che sembrano rappresentare le misure più importanti per ridurre incidenza e mortalità durante la pandemia, saranno inadeguate in tutti i Paesi, nelle fasi iniziali di una pandemia e per i mesi successivi. Desta particolare preoccupazione l’inadeguata quantità di vaccino, dal momento in cui la vaccinazione rappresenta l’intervento difensivo più importante per proteggere la Popolazione. Rispetto alla situazione attuale (al 2005, ma le cose non sembrano essere migliorate - Ndr) molti Paesi in via di sviluppo non avranno accesso al vaccino per tutta la durata di un’eventuale pandemia.
Fonte: World Health Organization (WHO), 2005 http://www.who.int/csr/disease/influenza/pandemic10things/en/index.html
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