È notizia di alcuni giorni fa. L’azienda Acambis ha annunciato l’ingresso in fase I di sperimentazione del suo vaccino universale antinfluenzale.
Questa notizia mi da modo di spiegare il complesso iter che sta alla base della commercializzazione dei farmaci.
Ecco il percorso che i farmaci fanno prima di entrare nelle farmacie e nelle nostre case.
Quando si ritiene che una nuova molecola possa essere utilizzata a scopi clinici la prima cosa che viene fatta è la valutazione del profilo farmacologica e tossicologico sugli animali. Gli studi sugli animali (pre-clinici) vengono sottoposti alle agenzie responsabili per la valutazione e l’autorizzazione al commercio dei farmaci (In Europa è l’EMEA, negli USA è l’FDA). La richiesta per l’approvazione della sperimentazione di un nuovo farmaco si chiama IND (Investigational New Drug). Se i dati che provengono dagli studi pre-clinici dimostrano che il farmaco è sufficientemente sicuro vengono intrapresi gli studi sull'uomo (clinici), suddivisi in tre fasi. I dati relativi a questi studi vengono sottoposti alle agenzie per l’autorizzazione dei farmaci come parte di una richiesta di autorizzazione di una nuova molecola (New Drug Application, NDA).
Fase 1 - Negli studi di fase 1, un nuovo farmaco viene somministrato per la prima volta all'uomo, solitamente a un piccolo numero di volontari sani di sesso maschile e di età compresa tra i 18 e i 45 anni. Lo scopo è quello di identificare il livello di dosaggio al quale i segni di tossicità fanno la loro prima comparsa nell'uomo e quindi di determinare una dose sicura ben tollerata. Poiché l'end-point di questi studi è la tossicità, il consenso informato è un requisito imprescindibile e i partecipanti devono essere attentamente seguiti da personale medico con possibilità di accesso a strutture di emergenza.
Fase 2 - Gli studi di fase 2 cominciano dopo che sono state ottenute prove preliminari soddisfacenti della sicurezza del farmaco. Essi comprendono la somministrazione controllata del farmaco a circa 80-100 pazienti, per il trattamento o la profilassi della malattia alla quale il farmaco è rivolto. Idealmente, i pazienti non devono avere problemi di salute diversi dalla patologia cui si riferisce lo studio. Di solito gli studi di fase 2 sono randomizzati e mettono a confronto il nuovo farmaco con il farmaco prototipico per la patologia in questione, se ne esiste uno. Lo scopo della fase 2 è quello di stabilire un intervallo dose-risposta ottimale per il nuovo farmaco e di verificare la sua efficacia per la malattia alla quale è destinato. I partecipanti vengono inoltre controllati per la comparsa di effetti indesiderati; poiché la popolazione di questi studi è più numerosa, è possibile che ne vengano identificati di nuovi. Questa fase è la più critica, perché i suoi risultati vengono utilizzati per determinare se sia il caso di procedere o meno a studi estesi su popolazioni ampie.
Fase 3 - Dopo che le fasi 1 e 2 hanno fornito prove ragionevoli della sicurezza e dell'efficacia del farmaco, cominciano gli studi di fase 3; essi continuano fino a quando il composto non viene approvato per l'uso generale. Essi possono coinvolgere molti medici, che possono seguire da diverse centinaia a diverse migliaia di pazienti. Lo scopo è quello di verificare l'efficacia del farmaco e di individuare gli effetti che possono non essersi presentati durante le fasi 1 e 2, in modo che lo sponsor e la FDA possano stabilire che il farmaco è sicuro ed efficace per l'uso per il quale è stato concepito.
Dopo la terza fase il farmaco può essere messo in commercio. Ma la valutazione della nuova molecola non si ferma. Si entra in fase 4. Gli studi di fase 4 sono effettuati su grandi popolazioni. Spesso vi vengono comprese sottopopolazioni particolari, come le donne in gravidanza, i bambini o gli anziani sulle quali non è eticamente lecito sperimentare nelle fasi precedenti. Mentre gli studi preclinici e clinici sono in grado di evidenziare le reazioni farmacologiche avverse che si verificano frequentemente, la sorveglianza successiva alla commercializzazione dopo l'approvazione della NDA è determinante per individuare gli effetti avversi più rari o eventuali nuovi effetti terapeutici.
Sebbene il tempo stabilito perché le agenzie preposte prendano posizione riguardo a una NDA sia limitato (per l’FDA sono 6 mesi), l'effettiva approvazione di quest'ultima richiede solitamente da 2 a 3 anni.
Quindi il tempo complessivo necessario per lo sviluppo di un farmaco, dalla presentazione della IND all'approvazione finale della NDA, si aggira in media tra gli 8 e i 9 anni.
Torniamo al vaccino antinfluenzale universale.
Si tratterebbe di un vaccino in grado di rispondere ai diversi virus di tipo A. Dunque non solo un vaccino utile ad immunizzare contro il temuto H5N1 ma anche nei confronti di altri tipi virali.
Come è possibile proteggere contro più virus influenzali?
Sappiamo che i vaccini attualmente utilizzati sono in grado di produrre una risposta immunitaria nei confronti della proteina di superficie chiamata Emoagglutinina (la H dell’ormai noto binomio H-N). Ma i virus influenzali mutano in continuazione e le mutazioni riguardanti l’Emoagglutinina sono tali da renderla irriconoscibile al nostro sistema immunitario. Questo è il motivo per cui ogni anno dobbiamo vaccinarci con un nuovo vaccino antinfluenzale: nuovi virus circolanti = incapacità del sistema immunitario di riconoscere i nuovi virus = influenza.
Allora come è possibile risolvere il problema?
Il nuovo vaccino “universale” ha un nuovo bersaglio. Non più l’emoagglutinina ma un’altra proteina che mostra una parte della sua struttura sulla superficie della membrana virale: la proteina M2.
Sul modello animale il vaccino sembra promettente ma sull’uomo?
Sperando che possa risultare un’arma utile nella lotta alla pandemia influenzale. Mi chiedo, visti i tempi previsti per il completamento del percorso valutativo: ci sarà abbastanza tempo?
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