Penso e ripenso alle enigmatiche parole del sottosegretario Fazio.
Nell'incontro di Angers (di cui abbiamo già parlato qui e qui) Fazio si è impegnato a "completare e aggiornare il Piano nazionale di comunicazione". Inoltre il sottosegretario si è detto d'accordo sull'importanza di un coordinamento dei Piani di comunicazione e sullo sviluppo di un Piano di comunicazione europeo (leggi qui).
Navigando nella rete mi sono imbattuto nell'interessante editoriale firmato da Pietro Greco e datato dicembre 2005. A quel tempo si era in piena emergenza mediatica "aviaria" e il Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale non era stato ancora pubblicato. In tre anni non si è mosso nulla sul versante comunicativo; non mi risulta che esista un Piano nazionale di comunicazione, nè generico nè tantomeno specifico per la preparazione e il controllo di una pandemia influenzale; infine il piano pandemico nazionale da delle buone indicazioni strategiche che tuttavia non hanno ancora trovato applicazione.
A distanza di tre anni la seguente domanda di Greco rimane ancora senza risposte istituzionali: Come faremo, se il contagio esplode, a evitare il panico e a non cedere alla tentazione del “ciascuno per sé e Dio per tutti”?
Così come rimane valida la seguente preoccupazione: in mancanza di una seria preparazione di massa sarà difficile, appunto, evitare il panico e cedere alla tentazione del “ciascuno per sé”. Se questo dovesse accadere ci troveremmo ad affrontare due problemi enormi capaci di alimentarsi reciprocamente: la morbilità del virus e il caos sociale.
Personalmente ritengo che la comunicazione del rischio in condizioni di crisi debba essere considerata una funzione cardine per i sistemi di sanità pubblica. Ritengo che si debba annoverare la comunicazione del rischio come una fra le azioni di sanità pubblica (vaccini, antivirali, misure di isolamento, distanze sociali...). Riconosco che la comunicazione è elemento trasversale a tutte le azioni collegate alla preparazione pandemica, tuttavia penso sia opportuno ricondurre la comunicazione del rischio, la pianificazione delle strategie comunicative e l'implementazione delle azioni comunicative ad una regia esperta e competente: una regia tecnica, fatta di operatori formati a svolgere questo ruolo determinante.
In assenza di un gruppo di tecnici che siano riconosciuti per il proprio ruolo e che affianchino, nel momento opportuno, i decisori politici, vedremo accadere quello che è già successo con l'Aviaria nel 2005-2006: il caos più totale, con una sostanziale differenza: in caso di pandemia influenzale ad impatto severo le conseguenze sarebbero disastrose.
Leggi l'editoriale di Pietro Greco
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