La Rivista Nature ha pubblicato una comunicazione ricevuta da alcuni ricercatori impegnati nella ricerca di anticorpi in persone sopravvissute alla infezione da influenza spagnola del 1918.
In precedenza altri studi erano stati effettuati per verificare la presenza di anticorpi in persone di età avanzata per scoprire il grado di immunità residua rilevabile dai test correnti che misurano l'inibizione dell'attività delle proteine superficiali del virus influenzale A/H1N1/1918 (ricostruito in laboratorio partendo dal materiale genetico isolato da campioni biologici provenienti da cadaveri sepolti nel permafrost di regioni artiche, in lontani avamposti dove la malattia aveva lasciato le sue vittime e conservati fino a noi nel ghiaccio).
Questi soggetti - nati prima dell'inizio del secolo XX - avevano circolanti nel sangue anticorpi anti-emoagglutinina e anti-neuroaminidasi in grado di inibire la replicazione virale in vitro di questo virus manipolato geneticamente. Ora in questo nuovo studio apparso su Nature si dimostra come non solo le persone anziane in questione hanno anticorpi specifici ma anche cellule linfocitarie di tipo B in grado di produrli efficacemente. Nell'animale da laboratorio gli anticorpi hanno bloccato la replicazione virale. Alcuni di questi soggetti possiedono cellule immunitarie in grado di produrre anticorpi contro il virus della pandemia ''spagnola'' e contro altri ceppi apparsi più tardi del virus H1N1 (1930) ma che non si dimostrano attivi nei confronti dei virus umani attualmente circolanti. La risposta immunitaria a questo particolare ceppo virale influenzale, caratterizzato all'epoca da una grande mortalità (metà della popolazione mondiale si ammalò di spagnola fra il l'autunno 1918 e il febbraio 1919 e almeno 40 milioni di persone morirono) e la cui origine è probabilmente di tipo enzootico, è risultata particolarmente robusta nell'uomo, tanto da provocare la produzione di cellule immunitarie attive ancora oggi a distanza di ottant'anni.
Leggi qui l'abstract della comunicazione pubblicata da Nature in lingua inglese. Per maggiori informazioni e dettagli si rimanda alla versione gratuita in PDF dell'articolo completo.
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