mercoledì 5 marzo 2008

Le epidemie mancate: ennesimo stupido luogo comune


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Il 3 marzo il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo dal titolo Le epidemie mancate”.
Il sunto dell’articolo è il seguente: l’OMS ha lanciato l’allarme pandemia influenzale nel 2005 e in tre anni la temuta pandemia non è insorta, la trasmissione interumana del virus H5N1 non è stata ancora dimostrata e l’aviaria resta un problema di natura veterinaria. Anche l’emergenza BSE del 2001 e l’emergenza SARS del 2003 si sono rilevate infondate.
In riferimento all’Aviaria e al rischio pandemia ecco cosa è stato scritto (estratto):

Dal novembre del 2003, la presunta big influenza ha contagiato 369 persone uccidendone 234. La maggior parte in Vietnam, Indonesia, Egitto, Thailandia e Cina. Si è fermata all'Azerbaijan e alla Turchia, dunque alle porte dell'Europa, non è riuscita a fare breccia nei Paesi dove condizioni igieniche e qualità dei sistemi sanitari sono migliori. La trasmissione interumana, che avrebbe potuto dare il via all'ondata contagiosa, non è mai stata dimostrata. Il virologo Fernando Dianzani ritiene che molto difficilmente l'H5N1 potrà scatenare la nuova pandemia perché non possiede le caratteristiche per saltare da uomo a uomo: «La prudenza era doverosa ma ora possiamo dire che abbiamo esagerato nell'annunciare la catastrofe. Predire l'arrivo di una pandemia da H5N1 è un'illazione che non si basa su dati concreti. Fino a questo momento il virus aviario non si è ricombinato con quello umano, non ha cioè scambiato pezzi di genoma, evento che avrebbe determinato un reale pericolo». E allora, a cosa attribuire l'enfasi con cui le autorità scientifiche internazionali, Oms in testa, hanno lanciato e rilanciato allarmi? Ha le idee chiare Maria Rita Gismondo, microbiologa dell'ospedale Sacco: «Dietro fenomeni come questi si celano grossi appetiti industriali. C'è chi ha interessi diversi dalla tutela della salute. Pensiamo a quelli commerciali. Bisognerà poi riconsiderare le modalità di diffondere informazioni. Coinvolgere la popolazione fin da subito significa seminare panico». Andrebbe bocciata anche l'Oms? La microbiologa insiste: «E' un'istituzione politicizzata: quando c'è di mezzo la salute non bisognerebbe muoversi in base a opportunità e pressioni industriali».


Da quando lavoro nella Sanità Pubblica comprendo che anche il migliore dei quotidiani può veicolare dubbi e incertezze completamente sconnesse dalla realtà dei fatti.
Peraltro questo tipo di notizia non è affatto nuovo. In molti hanno espresso le stesse perplessità (vedi qui e qui … su internet si trovano pagine simili con molta facilità) e la convinzione che l’OMS sia responsabile della creazione di emergenze sanitarie inesistenti, o quantomeno gonfiate ad arte, è divenuto un luogo comune.
Come sempre non mi soffermerò su SARS e BSE, credo tuttavia che molto potrebbe essere detto. È mio interesse, invece, ribadire che certi luoghi comuni sono del tutto inutili e per certi aspetti possono risultare dannosi.
Rispetto alla previsione dell’OMS: l’OMS ha chiaramente dichiarato che una pandemia influenzale ci sarà ma nessuno sa quando si verificherà. Non c’è alcun errore in questa previsione né alcuna predizione è andata disattesa: una pandemia influenzale non si è ancora verificata ma nessuno può escludere che la prossima pandemia insorga domani, dopodomani o tra 10 anni. L’unico dato di fatto è che l’Oms non ha mai stabilito una data certa; da alcuni anni parla di evento probabile e il concetto di probabilità si discosta nettamente dal concetto di certezza. Del resto un evento pandemico diviene certo nel lungo periodo. Nell’ultimo secolo si sono succedute tre pandemie influenzali e nel 2008, a distanza di 40 anni dall’ultima pandemia, non si capisce perché non debba essere considerato legittimo allertare i sistemi sanitari affinché prendano in considerazione la possibile insorgenza di una pandemia influenzale e si preparino per affrontare l’impatto che una pandemia creerebbe. Della ciclicità degli eventi pandemici influenzali abbiamo già parlato e chi volesse approfondire questo argomento può leggere qui e qui.
Non è stata la “big influenza” a contagiare 369 persone. Big influenza è il termine che genericamente viene adottato per riferirsi ad una pandemia influenzale (generalmente utilizzato per riferirsi alla pandemia del 1918). L’H5N1 e gli altri virus aviari potenzialmente pandemici non hanno ancora compiuto il salto di specie, non si sono ancora dimostrati capaci della trasmissione interumana che garantirebbe il propagarsi di un’epidemia influenzale su scala mondiale nell’uomo. Alcuni giornalisti non capiscono ancora che parlare di virus influenzali aviari e virus influenzali umani è come parlare di pere e mele... cose diverse!
Il virologo Dianzani sembra non essere a conoscenza degli studi microbiologici sui virus influenzali aviari né tantomeno delle caratteristiche dei virus influenzali e delle loro capacità di trasformazione, fatto assai strano per un virologo; ad esempio è noto che la ricombinazione genomica non è l’unico meccanismo responsabile dell’emergenza di nuove varianti virali con potenziale pandemico.
Non dimentichiamo inoltre che la psicosi generata nella popolazione nel 2005 per l’emergenza aviaria è chiaramente attribuibile ai mass media e alla copertura mediatica inopportuna che le notizie legate all’aviaria hanno suscitato. Se la solita e inopportuna cassa di risonanza mediatica avesse evitato di rumoreggiare in modo dissonante e sgangherato l’allarme dell’OMS avrebbe semplicemente generato le reazioni per cui è stato lanciato: una maggiore attenzione dei governi e dei sistemi sanitari alla preparazione ad un’eventuale pandemia influenzale.
Secondo Maria Rita Gismondo “bisognerà riconsiderare le modalità di diffondere informazioni. Coinvolgere la popolazione fin da subito significa seminare panico”.
Credo che ci sia modo e modo per coinvolgere la popolazione e c’è di più: lungi dall’essere dannoso, il coinvolgimento attivo della popolazione è considerato uno dei pilastri della cosiddetta Public Health Emergency Preparedness, ovvero la capacità della sanità pubblica di rispondere alle emergenze. Se dovesse insorgere una pandemia influenzale l’educazione della popolazione, una corretta comunicazione del rischio e il coinvolgimento attivo della popolazione stessa sarebbe fondamentale. Siamo molto lontani da tutto questo e certi luoghi comuni potrebbero risultare estremamente dannosi.

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