Dimenticatevi per un attimo che io sia impegnato nella divulgazione di notizie sulla preparazione ad un evento pandemico.
Ora cercate di dimenticare le storie “no-global”, “anti-vaccino”, “anti-antivirali”, “anti-multinazionali del farmaco” che avete letto ripetutamente sui giornali e in internet. Mi rendo conto che quando si parla di argomenti complessi è più facile essere contro a priori, che non cercare di comprendere con logica e intelligenza che la complessità è un poliedro dalle 1000 facce e ogni faccia è un aspetto differente e ci vuole molto tempo per confrontarsi con i 1000 aspetti diversi che prima di informarti ignoravi esistessero.
Potrei scrivere un elenco di 1000 aspetti che fanno di una pandemia influenzale un evento complesso, ma mi ci vorrebbe tantissimo tempo e preferisco evitare.
Preferisco allora fare il primo passo lasciando a chiunque legga i passi successivi. Il primo passo è il passo più logico al mondo. Dimostrare che una pandemia influenzale è un rischio concreto e non un’abile invenzione.
Non mi occorrerà molto. Una dimostrazione in quattro punti.
Punto 1: I virus influenzali mutano!
Ogni anno lo viviamo sulla nostra pelle. Il virus influenzale non è un virus fantasma. È ben conosciuto; i meccanismi microbiologici alla base delle frequenti mutazioni sono ben noti. Non c’è trucco e non c’è inganno! Chi si vaccina oggi non sarà protetto il prossimo anno, per il semplice fatto che i virus influenzali in circolazione saranno diversi e il nostro sistema immunitario non sarà in grado di riconoscerli completamente. Se poi qualcuno pensa che la microbiologia del virus influenzale è un complotto ordito dalle case farmaceutiche per produrre ogni anno nuovi vaccini… non è un mio problema.
Punto 2: Le pandemie non sono invenzioni!
Quando i virus influenzali sono mutati a tal punto da essere in grado di infettare l’uomo, trasmettersi da persona a persona ed essere tanto diversi dai precedenti da trovare la popolazione mondiale priva di difese immunitarie, si sono verificate epidemie su scala mondiale. È nel linguaggio scientifico ed è ormai una consolidata convenzione: quando una malattia infettiva non rimane limitata ad un luogo ma si espande in tutto il mondo si parla di pandemia. La pandemia è quindi un’epidemia su scala mondiale. Quando ci si accorge di una epidemia? Quando si rileva un numero di casi (persone infette, morte etc…) superiore al numero di casi attesi. È ovvio che ogni anno in giro per il mondo si contano centinaia di migliaia di persone infettate dai virus influenzali umani circolanti. È altrettanto ovvio che ogni anno muoiono migliaia di persone per influenza, soprattutto anziani.
Ma quando accade che l’eccesso di mortalità per polmonite e influenza è raddoppiato rispetto agli altri anni allora sta succedendo qualcosa. Ti chiedi: cosa è cambiato? Fai i tuoi rilevamenti e scopri che il virus che infetta le persone è un virus nuovo, differente da quelli precedentemente circolanti. Ti guardi intorno e scopri che in tutto il mondo si registra un eccesso di casi. È Pandemia!
Al termine della pandemia ti chiedi quanti morti per polmonite e influenza si possano contare e scopri che fra i soggetti anziani (sopra i 65 anni) l’eccesso di mortalità è raddoppiato rispetto agli altri anni; che fra i ragazzi di età compresa fra 0 e 14 anni il numero di morti è sette volte superiore rispetto agli altri anni; che in tutta la popolazione sotto i 65 anni c’è stato un eccesso di mortalità tre volte superiore rispetto a quella registrata negli anni caratterizzati dal ricorrere delle normali influenze stagionali.
Non ho inventato nulla; mi sono limitato a descrivere i dati italiani della pandemia influenzale del 1968 che, peraltro, è stata una pandemia ad impatto lieve rispetto a quelle precedenti del 1918 e del 1957.
Punto 3: A volte ritornano!
Nello scorso secolo si sono registrati tre eventi pandemici. Se si considera che la pandemia precedente a quella del 1918 si verificò nel 1889 possiamo, con un semplice calcolo matematico, stabilire che le pandemie intercorse nell’ultimo secolo si verificarono a 29 – 39 – 11 anni di distanza l’una dall’altra. Potremmo anche parlare di un periodo interpandemico medio di 26 anni, un tempo mediano di 29 e valori estremi di 11 e 39 anni. Il succo del discorso è ben comprensibile da chiunque.
Sono passati 39 anni dall’ultima pandemia ed è lecito cominciare a prepararsi per un evento che potrebbe verificarsi anche a breve termine.
Punto 4: Non ho alcun conflitto di interesse.
Se scrivo queste cose, ma non credo che possa essere considerato un conflitto di interesse, è perché sono un medico di sanità pubblica che si occupa di prevenzione e mi preoccupo che chiunque, dal medico al parrucchiere, abbia una corretta percezione del problema.
Invito chiunque lo desideri a confutare queste affermazioni o ad aggiungere punti alla mia dimostrazione!
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