martedì 23 settembre 2008

Vilamoura - Priorità per la somministrazione del vaccino in caso di pandemia


Nel corso della Conferenza sono stati presentati studi americani che hanno approfondito il problema della suddivisione dei gruppi a rischio ai fini della vaccinazione o del trattamento antivirale. La attuale classificazione (come riportata anche dal Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale) presenta alcuni problemi che includono sia la composizione dei gruppi che la accettabilità. Uno studio del National Vaccine Program Office americano, per altro già pubblicato, definisce in modo molto chiaro che la vaccinazione in corso di pandemia, quando le risorse sono verosimilmente limitate, deve avere prioritariamente l’ottica di sanità pubblica di preservare il funzionamento della società piuttosto che quella di proteggere i singoli cittadini. Nei periodi interpandemici la vaccinazione ha invece il compito di rendere minime le complicanze dell’influenza, comprese l’ospedalizzazione e la morte. Questa diversa ottica, per funzionare, deve essere ben compresa dalla cittadinanza in quanto potrebbe non essere facile, ad esempio, convincere la popolazione in attesa della vaccinazione che il vaccino è riservato ad altri, oppure, parimenti, convincere i soggetti da vaccinare che il vaccino è solo per loro e non per i loro familiari. Per ottenere il risultato è necessario innanzitutto definire bene quali sono i soggetti o le funzioni chiave per il funzionamento della società, utilizzando criteri trasparenti, moralmente e legalmente inoppugnabili e condivisi. Proprio a questo proposito un altro studio ha riportato i dati sulla accettazione da parte della popolazione della individuazione di alcune categorie. I risultati hanno mostrato una fondamentale accettazione delle prime categorie (sanitari, forze dell’ordine, sicurezza, ecc.). Fra le categorie a rischio individuale al primo posto sono stati identificati i bambini; questi abitualmente non rientrano fra i gruppi prioritari ma, nella opinione comune, vengono considerati tali. Il relatore ha riferito che molti degli intervistati inclusi nella categoria dei soggetti a rischio per età hanno dichiarato di essere pronti a cedere la loro dose di vaccino ai nipoti. Questo evidenzia il fatto che la tutela dei bambini è un valore forte e che quindi va tenuto in considerazione. Per il momento questo si scontra con il fatto che il vaccino prepandemico non è ancora registrato per i bambini e che, comunque, i vaccini influenzali sembrano funzionare meno in questa categoria, oltre a presentare un maggiore rischio di effetti collaterali.

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