Le notizie degli ultimi giorni preoccupano alcuni, infastidiscono altri, come il sottoscritto.
Quando si parla di vaccinazioni si parla di una delle più efficaci misure preventive di cui la sanità pubblica sia dotata. Eppure una parte della popolazione è contraria alle vaccinazioni. Non entro nel merito delle polemiche e delle motivazioni degli "anti", nè in una strenua difesa delle vaccinazioni, anche se avrei parecchie argomentazioni in tal senso.
Mi limito a segnalare come i media stanno trattando l'argomento vaccini, in modo che rimanga traccia sul blog di quanto e come si sta comunicando in questi giorni. Di seguito alcuni link interessanti.
Bloccati oltre due milioni di vaccini (fonte: laRepubblica.it)
Vaccini, bloccate altre 487 mila dosi (fonte: laRepubblica.it)
Disastro vaccinale (fonte: laRepubblica.it)
Si fa mensione anche del problema emerso nella produzione di alcuni lotti di esavalente (vaccino anti-difterite, tetano, pertosse, poliomielite, haemophilus influenzae, epatite B) e in questo caso personaggi come Roberto Gava, medico guru del movimento antivaccinale, cavalcano l'onda rilanciando un'informazione parziale e faziosa, mentre l'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) pubblica un comunicato stampa dal quale si evince che nessuno dei lotti incriminati è stato distribuito in Italia.
Peraltro il problema dei lotti di vaccino che non superano i controlli di sicurezza aziendali è un "non problema" per definizione. Su un certo numero di vaccini si evidenzia un problema critico e per la sicurezza del cittadino se ne blocca la distribuzione e il successivo utilizzo... dove sarebbe il problema?
Il problema in questi giorni è il solito: la comunicazione. L'adesione alla campagna antinfluenzale stagionale è da due anni a questa parte in flessione costante. La carenza di vaccino determinerà un'ulteriore flessione ma quel che è peggio contribuirà, con molta probabilità, a ridurre il livello di fiducia nelle vaccinazioni in generale.
E se invece di criticare le aziende produttrici il Ministro Balduzzi cogliesse l'occasione per spiegare agli italiani come funziona il complesso meccanismo dei controlli di sicurezza dei vaccini?
giovedì 25 ottobre 2012
martedì 16 ottobre 2012
Risk = Hazard + Outrage
Questa è la formula che ha reso celebre Peter Sandman, uno dei più grandi esperti di comunicazione del rischio a livello mondiale. Il Dott. Sandman ci ha insegnato che quando si affronta un rischio, di qualsiasi natura esso sia, si è di fronte ad un evento che si caratterizza per due aspetti, da un lato "l'hazard", ovvero il pericolo che quel rischio rappresenta, in poche parole quanti danni è verosimile che faccia se si presenta realmente; dall'altro lato c'è "l'Outrage", che letteralmente potrebbe essere tradotto come "oltraggio", ma anche "indignazione" o addiritura "attentato" ed è il livello di sconvolgimento che un rischio produce nella mente delle persone.
È esperienza comune, per chi si è impegnato nella comunicazione del rischio, notare la bassissima correlazione tra il reale pericolo collegato al rischio (hazard) e l'outrage che tale rischio determina.
Recentemente abbiamo parlato di Precaution Advocacy, ovvero quella forma di comunicazione necessaria quando la popolazione si disinteressa di un rischio (basso outrage) ma quel rischio è pericoloso (alto hazard).
Al contrario può accadere che un rischio sia fortemente sentito dalla popolazione (alto outrage) ma che non rappresenti un reale pericolo per la salute (basso hazard) e in questo caso dobbiamo contare su quanto viene descritto come "Outrage management". Mentre in alcuni casi può capitare che hazard e outrage siano entrambi alti e in questo caso è necessario adottare le tecniche della Crisis Communication.
Ogni evento dunque va valutato caso per caso... e dopo la "diagnosi" è doveroso usare le più coerenti tecniche di comunicazione... ad ogni "malattia" la sua "cura". Troppo spesso purtroppo accade che ci si appiattisca su una determinata forma di comunicazione, in modo del tutto inappropriato. In passato abbiamo già parlato di questo tipo di errori.
Se volessimo continuare a utilizzare il paragone col mondo clinico... è come se un medico prescrivesse una terapia casuale, senza aver fatto diagnosi, senza capire quali sono i reali bisogni del paziente, non sarebbe solo inopportuno, sarebbe dannoso.
Il messaggio chiaro dunque è il seguente: siamo di fronte ad un evento o un rischio che necessità di strategie comunicative? Il primo passo da fare è comprendere che tipo di rischio esso sia e che tipo di comunicazione debba essere messa in atto, ponendo al centro della nostra attenzione i reali bisogni delle persone, costruendo attorno a questi i nostri obiettivi comunicativi. Non facile. Forse è questo il motivo per cui spesso e volentieri la comunicazione si improvvisa e forse è questo il motivo per cui spesso la comunicazione fallisce.
È esperienza comune, per chi si è impegnato nella comunicazione del rischio, notare la bassissima correlazione tra il reale pericolo collegato al rischio (hazard) e l'outrage che tale rischio determina.
Recentemente abbiamo parlato di Precaution Advocacy, ovvero quella forma di comunicazione necessaria quando la popolazione si disinteressa di un rischio (basso outrage) ma quel rischio è pericoloso (alto hazard).
Al contrario può accadere che un rischio sia fortemente sentito dalla popolazione (alto outrage) ma che non rappresenti un reale pericolo per la salute (basso hazard) e in questo caso dobbiamo contare su quanto viene descritto come "Outrage management". Mentre in alcuni casi può capitare che hazard e outrage siano entrambi alti e in questo caso è necessario adottare le tecniche della Crisis Communication.
Ogni evento dunque va valutato caso per caso... e dopo la "diagnosi" è doveroso usare le più coerenti tecniche di comunicazione... ad ogni "malattia" la sua "cura". Troppo spesso purtroppo accade che ci si appiattisca su una determinata forma di comunicazione, in modo del tutto inappropriato. In passato abbiamo già parlato di questo tipo di errori.
Se volessimo continuare a utilizzare il paragone col mondo clinico... è come se un medico prescrivesse una terapia casuale, senza aver fatto diagnosi, senza capire quali sono i reali bisogni del paziente, non sarebbe solo inopportuno, sarebbe dannoso.
Il messaggio chiaro dunque è il seguente: siamo di fronte ad un evento o un rischio che necessità di strategie comunicative? Il primo passo da fare è comprendere che tipo di rischio esso sia e che tipo di comunicazione debba essere messa in atto, ponendo al centro della nostra attenzione i reali bisogni delle persone, costruendo attorno a questi i nostri obiettivi comunicativi. Non facile. Forse è questo il motivo per cui spesso e volentieri la comunicazione si improvvisa e forse è questo il motivo per cui spesso la comunicazione fallisce.
lunedì 15 ottobre 2012
Precaution advocacy
Quando emerge un rischio serio per la popolazione ma le persone sono disinteressate al problema, l'obiettivo della comunicazione del rischio è quello di suscitare maggiore interesse e generare un maggior coinvolgimento.
Questa è la cosiddetta Precaution Advocacy, ben spiegata da Peter Sandman nelle lunghe pagine del suo sito internet.
Questa è la cosiddetta Precaution Advocacy, ben spiegata da Peter Sandman nelle lunghe pagine del suo sito internet.
martedì 9 ottobre 2012
10° Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione
Da Mediapolitika scopro che Censis e Ucsi pubblicano ogni anno un rapporto sulla comunicazione.
Interessanti le tematiche affrontate nella decima edizione, l'ultima, presentata pochi giorni fa.
Con il decimo rapporto prosegue il monitoraggio dei consumi dei media e l’analisi delle trasformazioni avvenute nelle abitudini mediatiche degli italiani. Il Rapporto focalizza l'attenzione su alcune rilevanti questioni di tra cui gli effetti della rivoluzione digitale, con il rafforzamento della tendenza alla personalizzazione dei media: diventano centrali la trascrizione virtuale e la condivisione telematica delle biografie personali. particolarmente interessante è anche lo studio dei cambiamenti in corso nel settore della pubblicità e gli effetti sul pubblico.
Per accedere alla sintesi dei risultati del rapporto il sito del Censis chiede la registrazione o il login (se già registrati).
Chi non volesse perdere tempo nelle formalità di registrazione può rifarsi alla sintesi dei risultati presentati da Mediapolitika.
Interessanti le tematiche affrontate nella decima edizione, l'ultima, presentata pochi giorni fa.
Con il decimo rapporto prosegue il monitoraggio dei consumi dei media e l’analisi delle trasformazioni avvenute nelle abitudini mediatiche degli italiani. Il Rapporto focalizza l'attenzione su alcune rilevanti questioni di tra cui gli effetti della rivoluzione digitale, con il rafforzamento della tendenza alla personalizzazione dei media: diventano centrali la trascrizione virtuale e la condivisione telematica delle biografie personali. particolarmente interessante è anche lo studio dei cambiamenti in corso nel settore della pubblicità e gli effetti sul pubblico.
Per accedere alla sintesi dei risultati del rapporto il sito del Censis chiede la registrazione o il login (se già registrati).
Chi non volesse perdere tempo nelle formalità di registrazione può rifarsi alla sintesi dei risultati presentati da Mediapolitika.
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