domenica 6 maggio 2007

Dall’Aids all’aviaria: che fine fanno le emergenze?

Riporto l’interessante incipit di un articolo pubblicato in data 29.03.07.
Per correttezza dovrei citare autore e fonte ma, sono sincero, ho perso traccia del sito da cui ho copincollato! Inoltre è mia intenzione prendere spunto dalle prime righe del suddetto articolo senza alcun desiderio di volermi riferire al contenuto dell’articolo stesso che, sempre per essere sincero, ho completamente dimenticato! L’interesse è quello di postare alcune considerazioni di natura personale. Dunque ecco riportate le parole ispiratrici…

Negli ultimi anni abbiamo assistito a tre importanti allarmi sanitari: l'AIDS, la mucca pazza e l'influenza aviaria. Quale grado di pericolo rappresentano per la collettività? Quali misure di prevenzione e che tipo di informazione possiamo e dobbiamo avere? E ancora: in che relazione sono le notizie che ci arrivano dalla stampa con le conoscenze scientifiche?

È assolutamente vero. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad alcuni allarmi sanitari. A voler essere precisi nella lista riportata manca qualcosa. Mi pare che andrebbe perlomeno incluso l’allarme SARS del 2003. Quindi negli ultimi decenni si sono susseguiti una serie di allarmati appelli ma molti hanno nutrito il dubbio: erano vere emergenze? Rappresentavano pericoli reali per la nostra salute? Chi ci ha informati? Come siamo stati informati?
Queste, a mio parere, rappresentano domande legittime. Legittime per lo meno fino a quando non vengano proposte a mo’ di domande retoriche! Se dietro a questi interrogativi vi fossero certezze del tipo… ci hanno raccontato un sacco di balle… hanno gridato al lupo, al lupo… hanno fatto i propri interessi allarmando la popolazione, senza che quei problemi rappresentassero vere emergenze… hanno fatto tanto rumore per nulla, o meglio per il proprio tornaconto personale… , se interrogativi legittimi fossero tramutati in domande retoriche e le risposte fossero queste, allora mi trovo costretto a trasmettere un forte e risonante NO!
L’infezione, però, non è ancora sconfitta: nel 2005 le nuove diagnosi di Aids sono state 1452 e almeno 3500 i nuovi casi di infezione da Hiv.
L’AIDS costituisce tuttora una preoccupante pandemia. Il fatto che i casi in Italia siano relativamente pochi e che con i farmaci a nostra disposizione la malattia non sia più rapidamente mortale come un tempo non significa che l’HIV non sia un pericolo da prevenire e controllare con ogni mezzo.
In Italia i dati epidemiologici ci parlano di 56.076 casi di AIDS notificati dal 1982 a dicembre 2005. Dunque l’infezione non è affatto sconfitta: nel 2005 le nuove diagnosi di Aids sono state 1452 e almeno 3500 i nuovi casi di infezione da Hiv.
Dunque i dati epidemiologici più aggiornati ci parlano di 1452 persone che nel recente 2005, nella maggior parte dei casi per distrazione, ignoranza, colpevole leggerezza, hanno condannato la propria esistenza ad un supplizio che li porterà inevitabilmente alla morte. Considerata l’alta prevedibilità di tale malattia non è forse un danno abbassare la guardia? Non è forse un danno considerare l’HIV un pericolo inesistente?
Eminenti scienziati hanno dichiarato che l’AIDS è una bufala. Che si tratta di un’invenzione ben orchestrata dalle multinazionali del farmaco per aumentare i propri profitti mettendo in commercio nuovi farmaci e facendoli pagare a peso d’oro. Chiederei a quegli eminenti scienziati di dimostrare le loro parole attraverso fatti. Il virus dell’HIV non esiste? Vi fareste trasfondere con sangue di donatore sieropositivo? Fareste sesso con un sieropositivo senza alcuna protezione?
L’HIV non esiste! Andate a raccontarlo in Sud Africa! Andate a dirlo ai familiari delle vittime che negli ultimi decenni hanno toccato con mano il flagello dell’HIV!

Non mi dilungherò considerando altre malattie o condizioni di emergenza. Mi soffermerò sul problema dell’aviaria, perché questo è il tema che, necessariamente, ci tocca in prima persona.

Quale grado di pericolo rappresenta l’influenza aviaria per la collettività?
Quali misure di prevenzione e che tipo di informazione possiamo e dobbiamo avere nei confronti dell’aviaria?
In che relazione sono le notizie che ci arrivano dalla stampa con le conoscenze scientifiche sull’aviaria?

Innanzitutto i virus aviari sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Essi saranno sempre destinati ad essere inquadrati come i principali pericoli per l’evenienza di un’eventuale pandemia influenzale.
Perché nel 2005 si gridò all’allarme influenza aviaria? A distanza di due anni quello che possiamo dire, guardando al passato, è che la malattia ha interessato solo alcuni stati del sud-est asiatico, alcune nazioni dell’est europeo e alcuni stati africani. Pochi sono stati i casi di contagio negli uomini. Pochissimi i casi riportati di trasmissione interumana. Per lo più si è trattato di casi isolati e tutti verificatesi in luoghi condizionati da condizioni igienico-sanitarie scadenti. Tutti i casi riportati sono relativi a individui che hanno avuto contatti stretti con animali infetti.
Ma non abbassiamo la guardia!
Il sottotipo virale H5N1 è stato responsabile dei circa 300 casi diagnosticati a tutt’oggi. L’H5N1 è un sottotipo virale ad alta patogenicità. Le infezioni nell’uomo sono esitate in decessi nel 50% circa dei casi diagnosticati.
Per definizione il virus aviario in sé non rappresenterebbe un problema, se non fosse che i virus influenzali hanno la dannata capacità di mutare molto frequentemente. Accadrà, prima o poi, che un virus animale (forse lo stesso H5N1) muterà fino a quando non acquisirà la capacità di infettare l’uomo presentando un’alta infettività (la capacità di entrare nelle cellule umane e riprodursi) e la capacità di trasmissione interumana. Quando questo accadrà avremo una pandemia influenzale perché la popolazione mondiale subirà le conseguenze del primo contatto col nuovo ceppo virale, vista l’assenza di una adeguata preparazione immunitaria nei suoi confronti.
Dunque quale grado di pericolo rappresenta l’influenza aviaria per la collettività?
Se pensiamo che nell’ultimo secolo ci sono state 3 pandemie e che l’intervallo di tempo medio fra una pandemia e l’altra è di circa 20 anni sembrerebbe facile rispondere a questa domanda!
Sono passati oltre 30 anni dall’ultima pandemia. Una nuova pandemia sembra imminente. In realtà nessuno può azzardare previsioni.
Avverrà quest’anno o forse tra 10 anni? Sarà una pandemia ad impatto grave o molto lieve? Si presenterà in un’unica ondata o a ondate successive? Nessuno può rispondere a queste domande e, tutto sommato, queste domande, alla luce della sola certezza che abbiamo – l’impredittibilità – appaiono quantomeno scorrette.
È molto più corretto chiedersi: era giusto lanciare l’allarme mediatico del 2005? Era giusto fare tanto rumore per l’aviaria? E attualmente è giusto investire risorse su un evento che forse non ci interesserà per i prossimi 10 o 15 anni?
E qui entra in gioco il problema dell’informazione.
Quali misure di prevenzione e che tipo di informazione possiamo e dobbiamo avere?
Ricordate il problema dell’aviaria? Ricordate quale caos mediatico investì il mondo? Credo che quel periodo fu importante perché ci preannunciò quale disastro potrà esserci in caso di pandemia se non si prenderanno misure preventive di controllo dell’informazione. Ecco un esempio chiaro di quanto sia stato importante gridare l’allarme in tempi di pace. Non a caso qualcuno ha detto che la battaglia va preparata in tempo di pace. Dal 2005 a oggi gli Stati si sono preparati. Nazioni più sensibili alle emergenze sociali e sanitarie, come gli USA (Torri gemelle e Uragano Katrina hanno insegnato qualcosa), hanno fatto notevoli passi avanti nel grado di preparazione ad una pandemia influenzale. Altri stati risultano ancora indietro nella preparazione ma, per fortuna, abbiamo ancora tempo!
Attualmente c’è un sostanziale univoco accordo sulle misure più efficaci per ridurre l’impatto di una pandemia. In tal senso il Piano italiano di preparazione ad una pandemia influenzale rappresenta un buon piano e stabilisce con chiarezza quali siano i capisaldi della prevenzione e del controllo dell’eventuale infezione pandemia.
In che relazione sono le notizie che ci arrivano dalla stampa con le conoscenze scientifiche?
Questa domanda necessità di una risposta chiara e concisa. La stampa non è necessariamente nemica della conoscenza scientifica ma,d’altro canto, non ne è neanche naturalmente amica. Il post “Arresti domiciliari per pazienti in caso di pandemia”, del 17 aprile 2007, è una chiara dimostrazione di come l’informazione possa giocare un ruolo preoccupante se non addirittura dannoso; è l’esempio di come le stese notizie scientifiche possano essere riportate dalla stampa con approssimazione e talvolta vengano colpevolmente travisate.
Talvolta le informazioni sono corrette ma vengono talmente esasperate che montano il panico nella popolazione. Nel 2005 il Governo italiano ha stanziato milioni di euro per l’acquisto di farmaci antivirali che forse non saranno mai utilizzati. Chi può biasimare l’allora Ministro Storace? Con il senno del poi quelle risorse appaiono letteralmente gettate al vento. Ma a quel tempo? Chi ha osato gridare all’errore? Chi ha pensato che quei soldi sarebbero stati spesi inutilmente? Quanto peso ha avuto l’attenzione generale dell’opinione pubblica sulle decisioni politiche adottate? In casi come questo quale etica deve prevalere?
Pensando a quanto dannosa potrà essere la comunicazione in caso di pandemia ringrazio il cielo che l’allarme sia scattato in anticipo. Questo è tempo prezioso per la preparazione ad un’eventuale pandemia. Gli occhi dell’opinione pubblica sono puntati altrove e solo qualche voce solitaria si “alza dal deserto” e grida allo scandalo per gli “inutili” allarmismi del passato. Questo è tempo prezioso per trasmettere informazioni scientificamente corrette, nonostante le misere risorse messe a disposizione per affrontare in qualche modo il problema.

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